con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
GIUSEPPE TARTINI (1692 – 1770)
Sonata per violino in sol minore “Trillo del diavolo”
Larghetto
Allegro
Andante-Allegro-Adagio
JOHANN SEBASTIAN BACH (1685-1750)
Dalla Partita n.2 in re minore per violino solo BWV1004: «Ciaccona»
CÉSAR FRANCK (1822 – 1890)
Sonata in la maggiore per violino e pianoforte
Allegro ben moderato
Allegro
Recitativo fantasia. Ben moderato
Allegro poco mosso
Siamo lieti di festeggiare gli 80 anni del M° Uto Ughi
Erede della tradizione che ha visto nascere e fiorire in Italia le prime grandi scuole violinistiche, ha mostrato uno straordinario talento fin dalla prima infanzia: a sette anni il debutto con la Ciaccona dalla Partita n.2 di Bach e alcuni Capricci di Paganini. Ha studiato con George Enescu, già maestro di Menuhin. Ha tenuto tournèes nelle più importanti capitali europee e del mondo con orchestre tra cui Concertgebouw di Amsterdam, Boston Symphony Orchestra, Philadelphia Orchestra, New York Philharmonic, Washington Symphony Orchestra e direttori quali: Barbirolli, Bychkov, Celibidache, Cluytens, Chung, Ceccato, Colon, Davis, Fruhbeck de Burgos, Gatti, Gergiev, Giulini, Kondrascin, Jansons, Leitner, Lu Jia, Inbal, Maazel, Masur, Mehta, Nagano, Penderecki, Pretre, Rostropovich, Sanderlin, Sargent, Sawallisch, Sinopoli, Slatkin, Spivakov, Temirkanov.
Ughi non limita i suoi interessi alla sola musica, ma è in prima linea nella vita sociale del Paese e il suo impegno è volto soprattutto alla salvaguardia del patrimonio artistico nazionale. In quest’ottica ha fondato il Festival “Omaggio a Venezia”, al fine di segnalare e raccogliere fondi per il restauro dei monumenti storici della città lagunare. Ha inoltre fondato il festival “Uto Ughi per Roma” che ne raccoglie l’ideale eredità di impegno fattivo, mirando alla diffusione del patrimonio musicale internazionale; concerti per la valorizzazione dei giovani talenti formatisi nei conservatori italiani. La Presidenza del Consiglio dei Ministri lo ha nominato Presidente della Commissione incaricata di studiare una campagna di comunicazione a favore della diffusione della musica classica presso il pubblico giovanile.
Nel 1997 il Presidente della Repubblica gli ha conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce per i suoi meriti artistici e, nel 2002, gli è stata assegnata la Laurea Honoris Causa in Scienza delle Comunicazioni. Intensa è la sua attività discografica: i Concerti di Beethoven e Brahms con Sawallisch, il Concerto di Cajkovskij con Sanderling, Mendelssohn e Bruch con Prêtre, Sonate di Beethoven con Sawallisch al pianoforte, l’integrale dei Concerti di Mozart, Viotti, Vivaldi, “Le Quattro Stagioni”, tre Concerti di Paganini nell’edizione inedita di direttore–solista, il Concerto di Dvorak con Slatkin e la Philharmonia Orchestra di Londra; le Sonate e Partite di Bach per violino solo; “Il Trillo del diavolo” (“live”); il Concerto di Schumann con Sawallish con Bayerischer Rundfunk; i Concerti di Vivaldi con i Filarmonici di Roma; la Sinfonia Spagnola di Lalo con l’Orchestra RAI di Torino e de Burgos; infine “Violino Romantico”, con l’Orchestra da Camera I Filarmonici di Roma.
Altro evento rilevante la pubblicazione del libro “Quel Diavolo di un Trillo – note della mia vita”, avvenuta nel 2013: storia di una vita interamente dedicata alla musica. Ughi suona un violino Guarneri del Gesù del 1744, che possiede un suono caldo dal timbro scuro e uno Stradivari del 1701 denominato “Kreutzer” perché appartenuto all’omonimo violinista a cui Beethoven aveva dedicato la famosa Sonata. Nel 2014 un concerto al Teatro Bolshoi di Mosca, in occasione dell’apertura del semestre italiano in Europa e un concerto organizzato dall’Ambasciata Italiana in Romania insieme all’Associazione Musica Arte e Cultura e alla Filarmonica George Enescu, presso l’ateneo Romeno di Bucarest. In quella occasione gli è stata conferita una seconda Laurea Honoris Causa, dall’Ambasciatore di Bucarest. È stato invitato dal Sistema venezuelano del Maestro Abreu per commemorare Claudio Abbado nel primo anniversario della sua morte. Nel 2015 l’Università di Palermo gli ha conferito la laurea magistrale ad honorem in “Scienze pedagogiche”. Nel 2022 è stato nominato Direttore Artistico del centenario dell’Accademia chigiana di Siena. Recentemente il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, lo ha nominato membro del Consiglio Superiore per lo sviluppo dello spettacolo. Il 20 ottobre 2023 è nata la Fondazione Uto Ughi. Fonte di ispirazione del suddetto progetto il Maestro Ughi, desideroso di condividere la propria esperienza maturata in decenni di carriera e con lo scopo di nuovi interventi culturali. La Fondazione Uto Ughi ha l’obiettivo di salvaguardare il patrimonio artistico musicale e avvicinarlo alle nuove generazioni.
É ospite di «Serate Musicali» dal 1981.
Si è diplomato presso il Conservatorio L. Boccherini di Lucca con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore. Svolge attività concertistica e cameristica collaborando con musicisti di fama internazionale come Uto Ughi, Massimo Quarta, Rocco Filippini, Mario Ancillotti, Asier Polo, Paolo Taballione e altri. È spesso invitato presso importanti società di concerti come Unione musicale di Torino, Società dei Concerti di Milano, Amici della Musica di Padova ecc. Ha effettuato numerose tournée in Europa, Asia, America e America latina.
Ha vinto numerosi premi in concorsi pianistici nazionali e internazionali sia da solista che in formazioni cameristiche tra i quali il Vittorio Gui di Firenze, il Viotti di Vercelli e il concorso di Trapani, Stresa e la coppa pianisti di Osimo. Insieme alla pianista Cristiana Nicolini ha fondato il Bartelloni piano duo, che oltre ad aver vinto numerosi concorsi pianistici per duo, ha tenuto numerosi concerti e inciso un CD per la rivista suonare news. Dal 1995 è pianista accompagnatore presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano.
Sonata per violino in sol minore “Trillo del diavolo”
Alla carriera ecclesiastica Tartini preferì l’eccellenza nella scherma e il matrimonio. Preferì la musica, l’indagine musicale (anche quella acustica) tanto da diventare strumentista e compositore, teorico e didatta famoso in Europa. A tutto preferì il violino che, inseguito dalla madre e dal Vescovo di Padova per le nozze contratte, trovato asilo nel convento di San Francesco ad Assisi, Tartini praticò intensamente da autodidatta (ma col contributo determinante – sembra – dell’esempio di Veracini per la tecnica dell’arco) con produzione di Sonate e Concerti. In tutto oltre 300 numeri, quasi sempre per violino, il più (se non l’unico) popolare dei quali resta Le trille du Diable, come l’editore Cartier titola ne L’Art du Violon (Parigi 1798). Lavoro, la cui scabra e inquietante originalità, ricava un caso unico nel mare magnum tartiniano. Componimento atipico non solo nella fascinazione di sogno e leggenda per cui, nel 1713 (secondo la data tradizionale della Sonata), negli anni Quaranta in base ai dati stilistici, il Diavolo sarebbe apparso in sogno a Tartini per esserne immortalato.
La storia de Il trillo del diavolo inizia con un sogno fatto una notte del 1713: come raccontò all’astronomo francese Jérôme Lalande, Tartini avrebbe sognato di stipulare un patto col diavolo, avendolo poi al proprio servizio. L’aneddoto è così raccontato da Tartini stesso: «Una notte sognai che avevo fatto un patto e che il diavolo era al mio servizio. Tutto mi riusciva secondo i miei desideri e le mie volontà erano sempre esaudite dal mio nuovo domestico. Immaginai di dargli il mio violino per vedere se fosse arrivato a suonarmi qualche bella aria, ma quale fu il mio stupore quando ascoltai una Sonata così singolare e bella, eseguita con tanta superiorità e intelligenza che non potevo concepire nulla che le stesse al paragone. Provai tanta sorpresa, rapimento e piacere, che mi si mozzò il respiro. Fui svegliato da questa violenta sensazione e presi all’istante il mio violino, nella speranza di ritrovare una parte della musica che avevo appena ascoltato, ma invano. Il brano che composi è, in verità il migliore che abbia mai scritto, ma è talmente al di sotto di quello che m’aveva così emozionato che avrei spaccato in due il mio violino e abbandonato per sempre la musica se mi fosse stato possibile privarmi delle gioie che mi procurava».
La versione più leggendaria è di Fritz Kreisler, che aggiunge fioriture e cadenze (l’“Amico Fritz”, come lo chiamava Puccini che qualche volta passava per il suo sosia, o viceversa). Del resto più grande leggenda di Fritz Kreisler per il violino non c’è. La Sonata si conclude con un Allegro che mescola la grazia impagabile e l’effetto irresistibile dei trilli, una delle trovate geniali di Tartini.
Dalla Partita n.2 in re minore per violino solo BWV1004: «Ciaccona»
A coronamento della Partita in re minore sta la famosa Ciaccona, una delle vette di tutta l’arte strumentale di Bach. Tralasciando le numerose questioni riguardanti l’antichissima forma musicale della Ciaccona (a cominciare dall’origine incertissima del nome per finire alle sottili differenze che si è cercato di addurre per distinguerla dalla Passacaglia), a intendere meglio la presente pagina bachiana basti ricordare che tutta la composizione si rinnova di continuo ora nella linea melodico-polifonica, ora in quella armonica, ora nelle figure ritmiche, ora in più d’una insieme di queste componenti; ciò pur non derogando una sola volta dallo schema d’impianto iniziale di otto battute, che obbliga lo strumento a rientrare nella tonalità di re all’inizio di ogni variazione, con l’assoluta regolarità imposta dalla forma di «ostinato» tipica della Ciaccona.
A chi ama le statistiche del pentagramma riferiamo che tali variazioni di otto battute ciascuna sono 15 e mezza nella prima parte (re minore), 9 e mezza nella parte centrale in re maggiore, mentre 6 sono le variazioni nella ripresa in minore, più una battuta di chiusa. La Ciaccona di Bach per violino solo costituisce una esemplare incarnazione di tecnica e libertà di invenzione. Come ha affermato il musicologo Alberto Basso, la Ciaccona si può considerare «una sorta di carta costituzionale del violinismo trascendentale». Molte le trascrizioni per altri strumenti, tra cui quella famosa di Busoni per pianoforte, di grande effetto e suggestione.
Sonata in la maggiore per violino e pianoforte
Al pari di altri monumenti della letteratura violinistica apparsi tra fine Ottocento e inizio Novecento, destinati espressamente all’indirizzo di grandi strumentisti, la Sonata in la maggiore (concepita nel 1886) è da Franck dedicata al violinista Eugène Ysaÿe e costituisce anzi il suo regalo di nozze al virtuoso belga. Questa Sonata si impone per proprio merito, nella musica cameristica francese, come la pagina meglio riuscita del suo genere; tanto da essere stata definita un “lavoro cartesiano”, per la limpidezza strutturale e l’infallibile equilibrio che governano il dialogo dei due strumenti. Si colloca infatti, con la sua forma ciclica, tra i vertici della produzione di Franck, il quale aveva prescritto in origine un andamento moderato per il primo tempo, ma, ascoltando Ysaÿe eseguirlo più speditamente, autorizza senz’altro a intenderlo come Allegretto. Qui, dopo alcuni morbidi accordi del pianoforte, il violino introduce un tema che oscilla su un arpeggio ascendente e discendente, disegnato in un intervallo di terza, tipico dell’insinuante profilo di quest’episodio, che nell’insieme si conduce senza inquietudini.
È con l’Allegro successivo che il clima si tinge di energia, imposta dal pianoforte che stabilisce senz’altro il proprio ritmo. Segue poi un severo movimento, dal sapore quasi bachiano, che riconduce il linguaggio cameristico a remote intimità pastellate in alcuni momenti dalla cantilena del violino in assenza di accompagnamento. Il tutto trasmette un’austera, diffusa impronta di improvvisazione, che l’indicazione di Recitativo – Fantasia intende sottolineare nella sua atmosfera misteriosa ed elegiaca, lumeggiata dalla migrazione attraverso varie tonalità. L’ultimo tempo è introdotto da un disegno imitativo, che emana un senso di universale omogeneità, affiancando i due strumenti come se la dialettica precedente non li avesse mai separati. Il procedimento a canone, accanto alla lineare trasparenza della melodia, contribuisce a creare il clima più adatto per concludere l’opera.