con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
«Il violoncello visto dai grandi pianisti!»
FERRUCCIO BUSONI (1866 – 1924)
«Kultaselle, 10 Variazioni per violoncello e pianoforte»
su un canto popolare finnico
FRANZ LISZT (1811 – 1886)
Due Elegie per violoncello e pianoforte
FRYDERYK CHOPIN (1810 – 1849)
Introduzione e Polacca brillante in do maggiore op.3
Introduzione: Lento
Alla polacca: Allegro con spirito
SERGEJ RACHMANINOV (1873 – 1943)
Sonata in sol minore per violoncello e pianoforte op.19
Lento – Allegro moderato
Allegro scherzando
Andante
Allegro mosso
Ha rilanciato il repertorio solistico del Novecento, riscoprendo capolavori ingiustamente dimenticati, stimolando la produzione di nuove opere per il suo strumento eseguendole su prestigiosi palcoscenici internazionali e ideando il progetto discografico “Trilogia del Novecento italiano” per Sony Classical e la recente serie web di documentari “Novecento Corsaro”.
Dedicataria di composizioni solistiche con orchestra da parte di Corghi e D’Amico, è stata scelta da compositori come Clementi, Dall’Ongaro e Sollima per prime esecuzioni di loro opere. Come solista ha suonato con OSN Rai, OPV, Maggio Musicale Fiorentino, Mahler Chamber Orchestra, Orchestra della Toscana, Royal Philharmonic, Solisti di San Pietroburgo, Orchestra di Rouen, Staatsorchester Kassel, Sinfonica di Cracovia, collaborando con i più importanti direttori.
In duo con Maurizio Baglini ha tenuto oltre 300 concerti in tutto il mondo.
Silvia Chiesa diventa per la prima volta committente e protagonista nel 2022 con la première della Sonata in fa maggiore per violoncello e pianoforte op.6 di R. Strauss nella versione orchestrata da Giovanni Veneri eseguita – per Serate Musicali (14.02.2022) – con l’Orchestra Cupiditas diretta da Pietro Veneri, progetto trasmesso integralmente da RAI 5.
Conferma la visione pionieristica di Silvia Chiesa l’Eco-concerto per paesaggio sonoro del Parco Nazionale del Gran Paradiso e violoncello solo, progetto sperimentale del 2022 in cui il violoncello dialoga con i suoni del Parco del Gran Paradiso registrati e poi mixati da Enrico Montrosset, in un ideale percorso dalla valle fino in vetta, anche questo trasmesso integralmente da RADIO RAI 3.
Per Decca, è presente nella collana Live at Amiata Piano Festival in cui interpreta il Quintetto per archi op.163 di Schubert con il Quartetto della Scala e i Concerti per violoncello e orchestra di Haydn con la Camerata Ducale e ha registrato, in prima mondiale «…tra la carne e il Cielo» di Azio Corghi, di cui è dedicataria.
È artista residente dell’Amiata Piano Festival e docente al Conservatorio “Monteverdi” di Cremona.
Suona un violoncello Giovanni Grancino del 1697.
Pianista visionario, ha un’intensa carriera concertistica internazionale come solista e camerista.
Vincitore a 24 anni del World Music Piano Master, si esibisce all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Teatro alla Scala, San Carlo, Salle Gaveau di Parigi, Kennedy Center di Washington ed è ospite di prestigiosi Festival, tra cui Roque d’Anthéron, Yokohama Piano Festival, Australian Chamber Music Festival e Benedetti Michelangeli di Bergamo e Brescia.
La sua vasta produzione discografica per Decca/Universal comprende musiche di Liszt, Brahms, Schubert, Scarlatti, Mussorgsky, Schumann, del quale ha realizzato un’Integrale pianistica e Live at Amiata Piano Festival series.
Fondatore e direttore artistico dell’Amiata Piano Festival, è stato consulente artistico del Teatro Verdi di Pordenone.
È il solista dedicatario di Tre Quadri, Concerto per pianoforte e orchestra di Francesco Filidei, eseguito in prima assoluta con l’OSN Rai diretta da Tito Ceccherini trasmesso da Rai Cultura, Rai Radio 3 e Rai5 nel 2020.
Nel 2021 Tre Quadri è stato eseguito, in prima mondiale con pubblico al Teatro alla Scala di Milano per il Festival Milano Musica.
Nel 2022 ha partecipato come solista all’inaugurazione del Ravenna Festival, diretto da Daniel Harding con la Mahler Chamber Orchestra.
È Socio Onorario dell’Associazione Italiana Accordatori e Riparatori di Pianoforti. Insegna a Cremona al Conservatorio Statale Claudio Monteverdi.
«Kultaselle, 10 Variazioni per violoncello e pianoforte» su un canto popolare finnico
Probabilmente tra la primavera e l’estate del 1890, poco prima di partire per Mosca, dove avrebbe sposato Gerda e insegnato pianoforte al Conservatorio, Busoni compose «Kultaselle, 10 Variazioni per violoncello e pianoforte» su un canto popolare finnico, di cui si servì anche nella quinta parte (Finnische Ballade) dei Sechs Klavierstücke op.33b, KiV241. Questo breve ma pregnante pezzo cameristico, pur non avendo un numero d’opera (nel catalogo di Kindermann è la n.237) fu forse l’unica composizione giovanile a cui Busoni rimase sempre affezionato (si ricordi, a questo proposito, che egli considerava la Sonata per pianoforte e violino n.2 op.36a, composta ben otto anni dopo, come la sua vera e propria op.1) e nel 1910 ne dedicò 4 battute all’allora tredicenne Enrico Mainardi.
I motivi di questo attaccamento sono due: artistico, per la notevole qualità musicale della composizione, e umano, poiché essa era l’unica sua composizione dedicata, anche se in pectore, a Gerda (ufficialmente la dedicò a un collega del Conservatorio di Mosca, Alfred von Glehn). «Kultaselle» in finnico vuol dire infatti «alla persona amata» e nel 1890 questa persona non poteva che essere la futura moglie. Il clima sonoro a volte tormentato è forse il riflesso di un sentimento di gelosia che traspare da alcune magnifiche lettere di quel periodo: «Penso a te con tanta intensità» – scrisse per esempio nel giugno del 1899 – «che letteralmente ne soffro. […] Meglio soffrire la fame e le privazioni con te, che essere ricchi e avere il superfluo senza di te. […] Dalla mia scrittura puoi vedere come sono agitato. Ti amo sopra ogni cosa. Per te rinuncerei persino alla mia arte. […].» «Kultaselle» fu pubblicata nel 1891.
In una copia conservata alla Staatsbibliothek zu Berlin (Busoni-Nachlass) sono contenute delle importanti correzioni manoscritte del compositore che non furono mai prese in considerazione dalla casa editrice nelle ristampe successive. Solo di recente il prof. Joachim Draheim dell’Università di Karlsruhe, specialista del primo Busoni, ne ha tenuto conto per costituire l’edizione critica dell’opera, da cui ha finalmente espunto anche i numerosi errori di stampa. In programma questa sera ascolteremo la versione definitiva pubblicata da Breitkopf & Härtel. Per Busoni le melodie popolari, fossero esse irlandesi, indiane d’America, napoletane o, appunto, finlandesi, avevano una scarsa valenza etnica: erano semplicemente un materiale grezzo su cui egli lavorava per i suoi fini compositivi; le trattava, per così dire, spietatamente, come qualsiasi altro materiale sonoro desunto da composizioni altrui.
Attribuendo importanza solo alla visione personale di un «oggetto musicale», era poco sollecitato da scrupoli filologici. In «Kultaselle» il tema popolare è delicato, intriso di malinconia e con le variazioni crea affascinanti atmosfere esotiche che evocano antichi canti eroici o dolci canti d’amore (Nadel), ma forse anche, come detto, autobiografici tormenti connessi a una esaltante situazione affettiva. Queste variazioni si susseguono quasi senza soluzione di continuità e in modo molto libero, con impercettibili passaggi dal modo maggiore al minore, uno stilema che riapparirà spesso nelle composizioni successive.
La struttura della composizione è tripartita per la presenza di due pause con corona: la prima parte, con il tema in do minore che funge da preludio, è una sorta di climax ascendente che si conclude bruscamente alla fine della seconda Variazione; quella centrale inizia antiteticamente in modo sereno e disteso, si anima nel mezzo per poi chiudersi mestamente in un clima sonoro stranito, visionario che da una parte evoca certe atmosfere dei tempi lenti delle Sonate beethoveniane (nn.4 e 5 in particolare), dall’altra anticipa in modo sconcertante il Busoni maturo delle Elegie; l’ultima, ritmicamente aggressiva, è di nuovo una climax ascendente sottolineata da indicazioni dinamiche o espressive come feroce, agitato, martellato, crescendo, sempre crescendo, più crescendo, che fanno precipitare la composizione verso un perentorio accordo dei due strumenti finalmente riuniti nella tonalità iniziale.
Due Elegie per violoncello e pianoforte
Due Elegie di Liszt è la versione per violoncello e pianoforte dell’omonima composizione per pianoforte solo del 1877, un brano che, come suggerisce il titolo stesso, risente dell’umore malinconico di quel periodo: la scomparsa, nell’anno precedente, di Marie d’Agoult, sua antica amante e madre dei suoi figli, seguita a breve da quella dell’amica George Sand, gli fanno avvertire il peso degli anni e lo rendono di umore tetro.
Introduzione e Polacca brillante in do maggiore op.3
La Polacca brillante op.3 per violoncello e pianoforte risale agli anni giovanili di Chopin: fu composta infatti nel 1829-30, a diciannove anni d’età (per l’esattezza, la Polacca vera e propria fu scritta nel 1829, mentre l’Introduzione lenta fu aggiunta l’anno seguente). Chopin era appena uscito dalla Scuola Superiore di musica di Varsavia, dove aveva studiato con l’allora celebre pianista e compositore Elsner, e si affacciava a una brillante carriera di virtuoso, di fatto già iniziata con i viaggi a Berlino del 1828 e a Vienna del 1829. Fu però in un concerto tenuto a Varsavia nel 1830 con il violoncellista Kaczinski che la Polacca op.3 venne presentata al pubblico. L’aggettivo di brillante apposto al titolo è di per sé, indicativo dell’ambito nel quale si inscrive la composizione; quello del gusto Biedermeier, volto a stupire più che a coinvolgere l’ascoltatore, tramite l’esibizione di un alto cimento tecnico in una produzione perlopiù miniaturistica.
In questo filone rientrava perfettamente il genere della Polacca, sorto all’inizio del secolo XVIII e portato dalla prima ondata della stagione romantica – con il nuovo rilievo delle scuole nazionali – ad una grande diffusione. Chopin è passato alla storia come autore di Polacche nelle quali, secondo uno stereotipo non del tutto destituito di fondamento, cercò di riallacciarsi nostalgicamente alla propria terra, creando delle pagine di ambizioni spesso avveniristiche.
Nulla di tutto ciò nella giovanile Polacca op.3, che è invece ancora pienamente un brano di carattere elegante e salottiero. Il compositore vi mostra infatti precocemente alcune delle caratteristiche che lo accompagneranno nella sua produzione matura; un impiego della scrittura pianistica volto più verso la grazia e la diversificazione dei timbri che non verso la potenza; la capacità di creare melodie cantabili di impronta vocalistica e di grande effetto. Inoltre il ruolo del pianoforte non è di semplice accompagnamento, ma anzi di alto impegno tecnico e indica chiaramente che appunto verso lo strumento a tastiera si rivolgeranno i futuri interessi dell’autore.
L’Introduzione lenta, aperta dalle ampie cadenze del pianoforte, mostra il violoncello esibire con espansività le proprie doti melodiche, mentre la Polacca propriamente detta vede entrambi gli strumenti impegnarsi alla pari per conseguire il dovuto contenuto di brillante eleganza.
Sonata in sol minore per violoncello e pianoforte op.19
La Sonata in sol minore per violoncello e pianoforte op.19, dedicata ad Anatol Brandukov, fu portata a termine nel 1901, subito dopo il Secondo Concerto per pianoforte e orchestra, in uno dei più felici momenti creativi di tutta la carriera del compositore russo. Si tratta di un’opera di ampie dimensioni, di carattere eminentemente concertante, in cui entrambi gli strumenti hanno ampio spazio per mettere in luce la loro bravura.
Il primo movimento è formato da un’Introduzione (Lento) e da un febbrile Allegro moderato di ascendenza schumanniana, mentre il successivo Scherzo è un Allegro scherzandoin do minore, e mostra una scrittura particolarmente virtuosistica per il pianoforte. Il terzo movimento – un Andante in mi bemolle maggiore di semplice forma tripartita – costituisce invece una pagina di serena distensione melodica, prima dell’impetuoso e a tratti convulso Allegro mosso finale, culminante in una Coda (Vivace) di grande efficacia e brillantezza.