con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
«I GRANDI INTERPRETI»
ALBERTO MARTINI violino primo
SAVERIO GABRIELLI violino secondo
GIUSEPPE MIGLIOLI viola
LEONARDO SAPERE violoncello
ALESSANDRO PIVELLI contrabbasso
WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756-1791)
Divertimento n.1 in re maggiore K.136
Allegro, Andante, Presto
FRANZ JOSEPH HAYDN (1732-1809)
Concerto in re maggiore Hob:XVIII:11 (versione per pianoforte e archi)
Vivace, Un poco Adagio (la maggiore), Rondo all’Ungarese. Allegro assai
WOLFGANG AMADEUS MOZART
Adagio e Fuga in do minore K.546
Adagio, Fuga. Allegro
WOLFGANG AMADEUS MOZART/ IGNAZ LACHNER (1807-1895)
Concerto n.26 in re maggiore K.537 “Concerto dell’Incoronazione”
(versione per pianoforte e archi)
Allegro (re maggiore), Larghetto (la maggiore), Allegretto (re maggiore)
Nato nel 1989 il complesso de I VIRTUOSI ITALIANI ha una particolare attitudine nel creare progetti sempre innovativi, una costante ricerca nei vari linguaggi, oltre all’eccellente qualità artistica dimostrata in anni di attività. Numerose sono le collaborazioni con solisti e direttori di rilevanza internazionale. Hanno collaborato all’allestimento dell’Apollon Musagete di Stravinsky con il New York City Ballet; nel 2001 hanno eseguito tutte le opere in un atto di Rossini per l’Opera Comique di Parigi e hanno tenuto due concerti al Konzerthaus di Vienna.
Hanno suonato per i più importanti teatri e per i principali enti musicali italiani. Tra gli impegni più rilevanti ricordiamo il Concerto per il Senato della Repubblica Italiana e teletrasmesso in diretta da RAI 1, il “Concerto per la Vita e per la Pace” eseguito a Roma, Betlemme e Gerusalemme e trasmesso dalla RAI in Mondovisione, il Concerto presso la Sala Nervi in Vaticano alla presenza del Papa. Recentemente “ARTE CONCERT KLASSIK” ha registrato live un concerto un loro concerto, con solista Wayne Marshall dal Teatro Olimpico di Vicenza per i 1600 dalla fondazione di Venezia. Numerose sono poi le tournée all’estero, con concerti nelle più importanti sale del mondo. L’attività discografica è ricchissima, con più di 100 cd registrati per le maggiori case discografiche e oltre 500.000 dischi venduti in tutto il mondo.
Nel 2018 hanno inciso – per DEUTSCHE GRAMMOPHON – una monografia dedicata a Morten Lauridsen e hanno realizzato un CD con le più famose ouverture dalle opere di Rossini per il 150° anniversario dalla morte. Nel 2019 hanno ricevuto la nomination agli OPUS CLASSIC AWARDS, il più importante premio per la musica classica in Germania. Diretti da Corrado Rovaris e con i tenori Lawrence Brownlee e Michael Spyres, hanno ottenuto il DIAPASON D’OR DE L’ANNEE 2021 per il CD interamente dedicato a Rossini intitolato “AMICI & RIVALI”. La loro attenzione e ricerca verso esecuzioni storicamente informate, li ha condotti a esibirsi nel repertorio barocco e classico anche su strumenti originali. Proprio in quest’ambito sono usciti i DVD delle opere di G.B.Pergolesi “Il Prigionier Superbo”, “La Serva Padrona” e “La Salustia” e di G. B. Spontini “La Fuga in Maschera” dirette da Corrado Rovaris.
Nel segno della versatilità e dell’attenzione riservata a una scelta di repertorio mirato al coinvolgimento di un pubblico sempre più vasto con una particolare attenzione ai giovani, significativo è, inoltre, l’interesse da sempre dimostrato dal Gruppo per il repertorio di confine. Da qui la nascita di collaborazioni e progetti con artisti come Franco Battiato, Goran Bregovic, Uri Caine, Chick Corea, Paolo Fresu, Ludovico Einaudi, Michael Nyman, Cesare Picco, Enrico Rava, Antonella Ruggiero, Gianluigi Trovesi, Richard Galliano e molti altri.
Ancora giovanissimo raccoglie i consigli di Herbert von Karajan, Luciano Berio, dello storico direttore artistico della Scala e di Santa Cecilia Francesco Siciliani, dei pianisti Mieczyslaw Horszowski e Nikita Magaloff.
Debutta a 11 anni a Milano nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano con i Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone. Da allora suona più volte nei maggiori Festival Internazionali e presso prestigiosi centri musicali in Europa, Giappone, a Seul, Buenos Aires, San Paolo, Lima, Tokyo, Osaka, ma non solo. In Italia è ospite delle maggiori orchestre ed enti lirici e di tutte le più importanti associazioni concertistiche.
All’estero ha lavorato con numerose orchestre e con direttori come Bellugi, Guidarini, Venzago, Luisi, Zedda, Manacorda, Panni, Buribayev, Pehlivanian, Jensen, Nanut, Lü Jia, Frantz, Baumgartner, Valdés, Renes, Bender, Bisanti, Ceccato, Chung – solo per citarne alcuni. Si dedica con passione alla musica da camera; importanti collaborazioni con Filippini, Larrieu, il Prazak Quartet, Ughi, il Quartetto Ysaÿe, il Quartetto di Cremona, il Quartetto d’Archi della Scala. Compositori come Vacchi, Boccadoro, Del Corno – fra gli altri – gli hanno dedicato brani. Ha tenuto concerti in Spagna, Messico, Cuba, Corea, Lussemburgo, Svizzera, Polonia, Belgio, Russia, Giappone, Sud America ed Egitto. La sua ampia discografia è corredata da autorevoli riconoscimenti.
«Scoperto» e «proposto» da sempre dalle «Serate Musicali» ha per loro creato il suo fondamentale “Ciclo Bach”, inventando così un Bach «Italiano». Ma la collaborazione con «Serate Musicali» è infinitamente più vasta e imprevedibile. Bacchetti è matematico e metafisico; il suo talento non è dunque sfuggito alle «Serate». Sufficientemente contro-corrente, è ospite di «Serate Musicali» dal 1998, per le quali detiene il RECORD STORICO di oltre 40 presenze. (H.F.)
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Divertimento n.1 in re maggiore K.136
Sotto il nome di Divertimento, nella civiltà musicale del secondo Settecento, si intendeva un genere compositivo di difficile definizione; non legato a precise regole costruttive e al rispetto di un determinato organico strumentale, il Divertimento poteva essere un brano di dimensioni impegnative o contenute, affidato a un solo esecutore o a un cospicuo ensemble da camera. In definitiva ciò che accomunava sotto uno stesso nome composizioni tanto dissimili era la loro particolare destinazione d’intrattenimento; in una cittadina di provincia, come la Salisburgo dei Mozart, ogni famiglia aristocratica o alto borghese esercitava una piccola azione di mecenatismo – finalizzata a dare lustro alla propria casata – commissionando ai musicisti locali Divertimenti, appunto, – o Serenate, Cassazioni, ecc. – che celebrassero particolari occasioni o ricorrenze, o anche semplicemente allietassero la vita di tutti i giorni.
Per una simile funzione (anche se l’occasione precisa non ci è nota) furono verosimilmente creati i tre Divertimenti K.136/137/138 che Mozart scrisse a Salisburgo nel corso del 1772, nel breve lasso di tempo (fra gennaio e ottobre) intercorso fra il ritorno dei Mozart padre e figlio dal secondo dei tre viaggi in Italia e la loro partenza per l’ultimo di questi viaggi. Si tratta di tre partiture articolate ciascuna in appena tre movimenti e affidate a un organico che comprende due parti per violino, una per viola e una per violoncello; con il K.136 ci troviamo di fronte, in definitiva, a uno dei primi esperimenti tentati da Mozart nel campo del quartetto per archi (l’unico precedente è il Quartetto K.80 scritto a Lodi nel 1770), celato sotto il nome di Divertimento per quella ambiguità terminologica alla quale abbiamo sopra accennato e che era comune nella prassi musicale settecentesca. D’altra parte tale ambiguità si riflette anche sull’organico al quale è effettivamente destinata la partitura; la scrittura a quattro parti infatti non si riferisce necessariamente al semplice quartetto d’archi, ma può implicare il ricorso a un’orchestra da camera.
La stessa definizione di Quartetto per archi veniva impiegata per un tipo di composizione che, in quel momento, era ancora lontana da quella scrittura obbligata e concertante che avrebbe fatto del Quartetto il genere nobile per eccellenza dell’età classica; piuttosto si trattava di un genere derivato dalla antica Sonata a tre e ad essa ancora legato nel predominio assoluto delle voci superiori (melodiche) su quelle inferiori (confinate in una funzione di ripieno e sostegno armonico). Il contenuto musicale del Divertimento K.136 rivela chiaramente il travaglio formativo attraversato da Mozart nell’età dell’adolescenza; il tipo di scrittura predominante nel brano è quello sopra descritto, di derivazione tipicamente italiana; il primo movimento – Allegro – si snoda agile e cordiale sugli schemi riconosciuti della Sinfonia italiana, con il serrato dialogo delle due parti di violino e il discreto accompagnamento di viole e violoncelli; il centrale Andante svolge con partecipata proprietà il contenuto affettuoso e idilliaco, mentre il Presto suggella il breve brano con fare spigliato e divertito; ma proprio in quest’ultimo movimento è sorprendente notare l’improvvisa scrittura contrappuntistica della sezione dello Sviluppo (una chiara influenza dello stile salisburghese di Michael Haydn), mentre già nel primo tempo il vasto uso di modulazioni al modo minore (sempre nello Sviluppo) spostava l’ambientazione espressiva verso traguardi ignoti al disimpegnato gusto italiano. Nella sua semplicità, insomma, questo Divertimento si rivela risultato di molteplici suggestioni culturali e quindi un esempio in nuce di quella personale rielaborazione di differenti modelli che porterà l’enfant prodige verso la conquista del proprio superiore linguaggio.
Concerto in re maggiore Hob:XVIII:11 (versione per pianoforte e archi)
Non abbiamo alcuna notizia sulla nascita del Concerto in re maggiore Hob.XVIII:11, certamente il più conosciuto ed eseguito dei Concerti di Haydn: il manoscritto non è giunto fino a noi e l’autore stesso non lo ha annotato nel catalogo delle sue composizioni. Abbiamo però la prima edizione a stampa, realizzata da Artaria, principale editore viennese di Haydn, nel luglio del 1784 e possiamo dunque fissare questa data come termine “ante quem”.
Concepito presumibilmente pensando al mercato degli ottimi dilettanti dell’epoca piuttosto che a quello dei pianisti professionisti, il Concerto in re maggiore si presenta dunque molto più semplice, sia a livello strutturale sia a livello squisitamente tecnico, dei contemporanei lavori di Mozart. A un primo tempo luminoso e sereno (Vivace), segue una suggestiva pagina in la maggiore dai toni più contemplativi (Un poco adagio), la cui idea principale viene progressivamente ornata dal pianoforte mentre tacciono del tutto oboi e corni: da notare un breve ma intenso episodio in mi minore che si ascolta per due volte e la ampia Cadenza composta da Haydn. Nel conclusivo Rondò all’Ungarese (Allegro assai) tornano i toni brillantemente scintillanti del movimento d’apertura. Basato in realtà su una danza popolare croata (“Siri Kolo”), è costruito su frasi irregolari di sei battute anziché di quattro e caratterizzato da frequenti acciaccature e salti di quarta e quinta e rappresenta uno dei primi importanti esempi di inserimento di stilemi popolareggianti nella musica colta.
Adagio e Fuga in do minore K.546
Mozart sì applicò a più riprese e con passione allo studio del contrappunto. Fu soprattutto negli anni del soggiorno viennese che ebbe modo di conoscere e approfondire i grandi lavori contrappuntistici del passato; fu a Vienna che venne in contatto con la cerchia del barone Gottfried van Swieten, mecenate e colto dilettante dì musica che nella sua abitazione organizzava regolari esecuzioni della musica di Bach e Händel.
E fu ancora negli anni viennesi che Mozart si entusiasmò per le Fughe di Bach, che fece oggetto di uno studio attento e appassionato. Non doveva essere estranea a questo interesse neppure la frequentazione degli ambienti massonici, cui lo stesso van Swieten apparteneva. La Fuga e la scrittura contrappuntistica assumevano, in quella cerchia, il valore di una trasparente metafora: nell’edificio contrappuntistico e nella Fuga che ne è la più complessa espressione, gli adepti coglievano di riflesso l’operato del Grande Architetto dell’Universo. Di qui l’attivismo con il quale le logge massoniche si adoperarono, nelle principali città europee, per riportare in vita capolavori del passato come gli Oratori di Händel e le Fughe di Bach, nei quali la scienza contrappuntistica raggiunge vertici ineguagliati. Uno dei massimi contributi di Mozart al genere è costituito dalla Fuga in do minore K.546, composta in origine per due pianoforti (K.426) e trascritta in seguito per archi, con l’aggiunta di un Adagio introduttivo.
Di straordinaria intensità espressiva, l’Adagio è dominato dal contrasto tra figure ritmiche ed energiche e un motivo dolente, che insiste su patetici semitoni. Lo stesso contrasto espressivo tra azione e ripiegamento, tra eroismo e rassegnazione caratterizza l’austero soggetto della Fuga. Improntata a un clima di estrema severità, la composizione da fondo a tutti gli artifici del contrappunto osservato, valendosi di una tecnica e di un controllo espressivo che rivelano la profonda assimilazione della lezione bachiana.
Concerto n.26 in re maggiore K.537 “Concerto dell’Incoronazione”
(versione per pianoforte e archi)
Il Concerto, composto nel 1788 per l’incoronazione di Leopoldo II a Francoforte e conosciuto anche come “Concerto dell’Incoronazione”, è tra i più brillanti e imprevedibili per la varietà delle invenzioni tematiche. Il primo movimento (Allegro) è costituito da tre temi ben distinti enunciati dai violini: il primo spigliato, il secondo spiritoso e il terzo molto cantabile. Con l’entrata del solista, che ripropone il primo tema, ci si aspetta di riascoltare altri temi; invece il pianoforte indica una nuova frase, fertile di cromatismi in un gioco di modulazioni.
È interessante osservare come nello sviluppo Mozart punti la sua attenzione su un piccolo inciso secondario, ritmicamente vivace, con cui si era chiusa l’esposizione orchestrale. Solo nella successiva riesposizione si avrà l’allineamento ordinato dei vari temi. Regolare nella sua impostazione classicistica è il Larghetto in la maggiore diviso in tre parti: una prima esposta in prevalenza dal pianoforte; una seconda intrisa di lirismo; una terza parte intensa come ripetizione della prima.
L’Allegretto finale raggruppa tre temi (i primi due enunciati dal pianoforte), collegati fra di loro secondo la tecnica dei Rondò e dell’Allegretto di Sonata. L’Allegretto si distingue per lo stile e per la scrittura tendente a evidenziare le qualità del solista, lontano da ogni ombra preromantica e da certi slanci passionali, pur presenti in altri Concerti per pianoforte e orchestra e nella coeva Sinfonia in sol minore.