con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
«La Nobiltà della Musica da camera»
LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770 – 1827)
Quartetto in sol maggiore op.18 n.2
Allegro
Adagio cantabile (do maggiore)
Scherzo. Allegro
Allegro molto, quasi Presto
DMITRI SHOSTAKOVICH (1906 – 1975)
Quartetto n.7 in fa diesis minore op.108
Allegretto
Lento
Allegro
JOHANNES BRAHMS (1833-1897)
Quartetto in do minore op.51 n.1
Allegro
Romanza. Poco Adagio
Allegro molto moderato e comodo. Trio: Un poco più animato
Allegro
Della loro vocazione ai vertici più ardui del camerismo è testimone Bruno Giuranna: «É un complesso che spicca con risalto nel pur vario e vasto panorama musicale europeo. La perfetta padronanza tecnica e la forza delle interpretazioni, caratterizzate dalla spinta verso un valore assoluto propria dei veri interpreti, pongono il “Quartetto di Venezia” ai vertici della categoria e fra i pochissimi degni di coprire il ruolo dei grandi Quartetti del passato».
Sfogliando il volume delle testimonianze critiche, l’elogio più bello sembra quello formulato sul “Los Angeles Times” da Daniel Cariaga: «Questo Quartetto è più che affascinante, è sincero e concreto». Rigore analitico e passione sono i caratteri distintivi dell’ensemble veneziano, qualità ereditate da due scuole fondamentali dell’interpretazione quartettistica: quella del “Quartetto Italiano” sotto la guida di Piero Farulli e la scuola mitteleuropea del “Quartetto Vegh”, tramite i numerosi incontri avuti con Sandor Vegh e Paul Szabo.
Il “Quartetto di Venezia” ha suonato in alcuni tra i maggiori Festivals Internazionali in Italia e nel mondo tra cui la National Gallery a Washington, Palazzo delle Nazioni Unite a New York, Sala Unesco a Parigi, IUC e Accademia Filarmonica Romana a Roma, Kissinger Sommer, Ossiach/Villach, Klangbogen Vienna, Palau de la Musica Barcellona, Tivoli Copenhagen, Societè Philarmonique a Bruxelles, Konzerthaus Berlin, Gasteig Monaco, Beethovenfest Bonn, Laeiszhalle Hamburg, Mosca – Sala Filarmonica, Buenos Aires – Teatro Colon e Teatro Coliseum, San Paolo, Montevideo. Di particolare rilievo la collaborazione con Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano. Ha avuto l’onore di suonare per Sua Santità Papa Giovanni Paolo II e per il Presidente della Repubblica Italiana.
È stato “Quartetto in residenza” alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Il repertorio del “Quartetto di Venezia” è estremamente ricco e include, oltre al repertorio più noto, opere raramente eseguite come i Quartetti di G.F. Malipiero (“Premio della Critica Italiana” quale migliore incisione cameristica). La vasta produzione discografica include registrazioni per la Decca, Naxos, Dynamic, Fonit Cetra, Unicef, Navona, Koch. Ultime produzioni sono l’uscita dell’Integrale dei Sei Quartetti di Luigi Cherubini, registrati per la DECCA in tre CD e per la NAXOS con musiche di Casella e Turchi.
Il Quartetto di Venezia ha ottenuto la candidatura ai Grammy Award per il CD Navona “Ritornello” con musiche di Curt Cacioppo. Numerose sono anche le registrazioni radiofoniche e televisive per la RAI & RAI International, Bayerischer Rundfunk, New York Times (WQXR), ORF1, Schweizer DRS2, Suisse Romande, Radio Clasica Espanola, MBC Sudcoreana. L’Ensemble ha collaborato con artisti di fama mondiale, tra i quali Bruno Giuranna, Quartetto Borodin, Piero Farulli, Paul Szabo, Oscar Ghiglia, Pavel Berman, Danilo Rossi, Pietro De Maria, Alessandro Carbonare, Andrea Lucchesini, Mario Brunello, Ottavia Piccolo, Sandro Cappelletto, Sara Mingardo, Maurizio Baglini, Marco Rizzi, Gabriele Carcano. Dal 2017 il Quartetto di Venezia è “Quartetto in Residenza” alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia.
Quartetto in sol maggiore op.18 n.2
I Sei Quartetti op.18 sono caratterizzati da un accumulo, quasi pletorico, dei materiali tematici e da una tendenza al contrasto come principio formale, tipici dell’esuberanza propria del giovane Beethoven.
La tonalità di sol maggiore del Secondo Quartetto è spesso impiegata da Beethoven per situazioni scherzose e di capriccioso umorismo.
Anche l’Allegro iniziale del Quartetto non fa eccezione, svolgendosi in una dialettica di garbati dialoghi che gli valse l’appellativo di “Quartetto dei complimenti”. Così il primo tema si articola in tutta una serie di semifrasi sospirose e il secondo non contraddice questa ambientazione.
Tutto il movimento vede il prevalere del fraseggio del primo violino, anche se non mancano momenti di scrittura più complessa, come il mirabile sviluppo, che scivola impercettibilmente nella ripresa.
Come tempo lento troviamo un Adagio cantabile in tre sezioni A-B-A: una contemplativa melodia del primo violino, cui si contrappone un fittissimo Allegro animato da corse di semicrome; la riproposta della melodia violinistica è riccamente fiorita.
Il modello haydniano è particolarmente evidente negli ultimi due movimenti; uno Scherzo brillantissimo e arguto con un Trio ancora quasi interamente dominato dal primo violino e un Finale, dal breve tema “popolare” intonato dal violoncello, cui rispondono tutti gli strumenti.
Questo refrain si alterna con episodi complessi ma non nettamente contrapposti, secondo una logica di grande scorrevolezza.
Quartetto n.7 in fa diesis minore op.108
Il Quartetto in fa diesis minore op.108 è stato composto nel 1960, in un periodo che ha segnato in Shostakovich l’intensificarsi dell’interesse per un tipo di opera che prima aveva coltivato sporadicamente.
Il suo catalogo delle opere conta complessivamente quindici Quartetti, nove dei quali realizzati fra il 1960 e il 1974.
A prima vista, il Quartetto op.108 presenta caratteristiche piuttosto insolite: da un lato la sua brevità contrasta con quel senso grandioso dell’architettura che nella musica da camera Shostakovich ha coltivato anche nei modi più sottili dell’elaborazione del materiale; dall’altro, gli elementi di cantabilità che risaltano nella parte centrale (Lento) mostrano una vena lirica non riscontrabile altrove con altrettanta immediatezza.
Tuttavia, la concezione e lo svolgimento del Quartetto op.108 sono molto coerenti con lo sviluppo dello stile maturo di Shostakovich, mentre il recupero del linguaggio lirico avviene entro un disegno che destina il brano all’espressione quasi autobiografica di una situazione privata.
Il Quartetto op. 108 è dedicato alla memoria della prima moglie del musicista, Nina Vasil’evna Varzar, scomparsa nel 1954 e contiene in questo senso riferimenti che, per la loro autonoma pregnanza, giustificano agli occhi del compositore l’eventuale forzatura del consueto schema quartettistico.
La demarcazione fra i tre movimenti nei quali il brano si articola è molto tenue ed è comunque vanificata dal senso di forte coesione ingenerato sia dalla concentrazione della forma e del materiale tematico, sia dal tono di austero raccoglimento che domina anche i momenti di maggiore impeto drammatico.
Ciascun movimento è caratterizzato dalla comparsa di un elemento tematico costante, un gruppo di quattro note corrispondenti a una traslitterazione delle iniziali del nome del compositore: D. SCH., cioè re, mi bemolle, do, si.
La minuzia dell’elaborazione cui Shostakovich sottopone questa piccola formula, ricorda da vicino il lavoro che Beethoven praticava sugli incisi nei suoi Quartetti.
Qui tale formula compare nell’Allegretto iniziale e nell’Allegro conclusivo, nel quale il musicista riprende anzi in blocco i passaggi di apertura, secondo una soluzione tipica del suo stile maturo.
La sequenza D. SCH. si trova però anche alla fine del Lento, il movimento più originale dell’intero brano. Qui la scrittura viene svolta alternativamente in due o tre parti, sulla base di quel principio di dialogo che richiede talvolta il superamento della condotta a quattro voci autonome.
Nel solo passaggio del Lento in cui i quattro strumenti sono impegnati insieme, la viola e il violoncello si raddoppiano all’ottava e mantengono così la tripartizione del materiale.
L’atmosfera lirica sottolinea l’aspetto autobiografico e si riporta tanto alla scena del chiostro nel Boris Godunov di Musorgskij, quanto alle melodie cantilenanti di Katerina Ismailova, protagonista dell’opera che Shostakovich stava scrivendo quando conobbe la moglie (Lady Macbeth del distretto di Mszenk).
La costruzione ritmica si basa sulla ripetizione di un modulo irregolare enunciato dal primo violino e che conferisce a tutto il movimento un andamento doloroso, un’impronta di fatalismo. Il Quartetto op.108 fu eseguito per la prima volta a Leningrado il 15 maggio 1960 dal “Quartetto Beethoven”, la formazione cameristica sovietica alla quale Shostakovich ha destinato quasi tutta la sua produzione quartettistica.
Quartetto in do minore op.51 n.1
Brahms aveva quarant’anni quando si decise a far pubblicare presso l’editore Simrock di Berlino i due Quartetti per archi dell’op. 51, il n. 1 in do minore e il n.2 in la minore.
A questa determinazione egli giunse dopo molte indecisioni e ripensamenti, perché non si sentiva abbastanza sicuro di aver acquisito in pieno il linguaggio e la tecnica del Quartetto d’archi, certamente tra le forme più difficili e complesse della musica da camera.
Nel 1853, anno del fortunato incontro con Clara e Robert Schumann, Brahms fece loro ascoltare un Quartetto in si minore, poco dopo distrutto dallo stesso autore, insoddisfatto di questo suo primo approccio con l’arte quartettistica.
La prima notizia precisa riguardante i due Quartetti per archi op.51 figura nel diario di Clara Schumann che, nel luglio 1866, annota che Brahms le fece ascoltare un Quartetto d’archi in do minore.
Soltanto nell’estate del 1873 Brahms sottopose la stesura completa all’attenzione di Clara Schumann e prese la decisione di farli stampare. I due lavori, dedicati al chirurgo e fraterno amico del musicista, Billroth, furono eseguiti nell’autunno successivo a Vienna dal Quartetto Hellmesberger.
Il Quartetto in do minore op.51 n.1 in programma questa sera, ha una intonazione austera e una tensione drammatica di piglio beethoveniano.
L’Allegro iniziale rivela una solida costruzione strumentale nell’alternanza del primo tema vigoroso e perentorio alla seconda frase più distesamente cantabile. Una tensione espressiva densa ma contenuta è racchiusa nella Romanza di tono contemplativo e armoniosamente frastagliata tra lirismo melodico e brevi pause interrogative.
Il terzo tempo (Allegro molto moderato e comodo) è un intermezzo siglato da un umore nordico e vagamente triste, mentre il Trio con il tema su ritmo di Valzer recupera accenti popolareschi viennesi di ascendenza schubertiana.
L’Allegro finale riprende il nucleo tematico della Romanza, secondo il procedimento ciclico che informa l’intero Quartetto.
Il clima musicale è serrato e appassionato, con cadenze concitate sovrastanti i momenti di più avvolgente dolcezza, nell’ambito di uno stile severo e senza evasioni virtuosistiche.