con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
«BLUES & BACH: THE MUSIC OF JOHN LEWIS»
JOHN LEWIS (1920 -2001)
Sketting in Central Park
Spanish Steps
Vendome
VERNON DUKE (1903-1969)
Autumn in New York
JOHN LEWIS
Django
Concorde
Milano
Jasmine Tree
Inizia il suo nuovo percorso nel 2008 e ha ormai alle spalle più di un decennio di importante attività concertistica in Italia e all’estero.
La produzione sinfonica e lirica vantata da OFI è assai corposa e comprende sia il repertorio popolare italiano più conosciuto e consolidato, sia quello meno consueto composto da opere considerate erroneamente “marginali”, o esecuzioni di titoli contemporanei – anche in prima mondiale.
L’Orchestra Filarmonica Italiana ha, nel corso della sua attività, collaborato con direttori di fama mondiale, tra cui Müller, Viotti, Santi, Ranzani, Morandi, Garforth, Ahronovitch, Zanaboni, Rota, Allemandi, Sisillo, Vlad, Letonja, Veneri, Taverna, Arena, Pantillon, Proost, solo per citarne alcuni) e con interpreti di canto di fama planetaria (M. Devia, R. Kabaivanska, G. Dimitrova, K. Ricciarelli, P. Ballo, J. Carreras, A. Bocelli, J. Cura, R. Bruson, C. Gasdia, M. Malagnini e T. Fabbricini.
OFI non si esime dall’accostarsi direttamente al pubblico con progetti che ne evidenziano l’estrema duttilità e modernità, come la sua partecipazione al Pavarotti International assieme ad artisti del calibro di Zucchero, Jeff Beck, Elisa, Jovanotti, Bocelli ed Ennio Morricone.
Raccogliendo lo spirito di questa vivace realtà, i musicisti che la compongono hanno voluto creare un Ensemble che permetta di continuare l’approfondimento del repertorio che è loro più consono anche al di fuori dal lavoro Lirico e Sinfonico.
L’Ensemble dell’Orchestra Filarmonica Italiana si presenta come una formazione variabile dal quartetto all’orchestra da camera e di grande duttilità nell’affrontare un repertorio che spazia dal Barocco al Novecento.
Buon Anno!
Pianista, compositore, arrangiatore Pieranunzi è tra i più noti e apprezzati protagonisti della scena jazzistica internazionale.
Ha registrato più di 80 CD spaziando dal pianoforte solo al quintetto e collaborando, in concerto o in studio d’incisione, con Chet Baker, Lee Konitz, Paul Motian, Charlie Haden, Chris Potter, Marc Johnson, Joey Baron.
Si è esibito, oltre che sui palcoscenici dei principali paesi europei, in Sud America, Giappone e, numerose volte, negli Stati Uniti.
É l’unico musicista italiano ad aver suonato e registrato più volte nello storico “Village Vanguard” di New York.
Tra i numerosi riconoscimenti per la sua attività musicale le tre affermazioni (1989, 2003, 2008) come miglior musicista italiano nell’annuale referendum “Top Jazz” della rivista “Musica Jazz”, il “Django d’Or” francese (1997) come miglior musicista europeo, l’ECHO Award 2014 in Germania come “Best International Piano Player” e il premio “Una vita per il jazz” assegnatogli ancora nel 2014 dalla rivista Musica Jazz. Allo studio e analisi del suo originale linguaggio musicale sono state dedicate, in Italia e all’estero, numerose tesi di laurea o di dottorato.
Numerose sue composizioni sono diventate veri e propri standard eseguiti e registrati da musicisti di tutto il mondo e sono state pubblicate nei prestigiosi “New Real Book” statunitensi. Tra queste “Night Bird”, “Don’t forget the poet”, “Les Amants”, “Fellini’s Waltz”, “Je ne sais quoi”, “Trasnoche”, «Coralie».
Nasce in Abruzzo nel 1972. Inizia a studiare basso elettrico e successivamente contrabbasso. Studia ai seminari di Siena Jazz nel 1992 dove vince una borsa di studio. Si diploma in contrabbasso presso il Conservatorio di Campobasso nel 1997.
Ha suonato nei più importanti Jazz Festival del mondo.
Ha collaborato e collabora con: Enrico Pieranunzi, Roberto Gatto, Maurizio Giammarco, Enrico Rava, Paolo Fresu, Rita Marcotulli, Danilo Rea, Mariapia De Vito, Nicola Stilo, Rosario Giuliani, Stefano Bollani, Gianluca Petrella, Fabrizio Bosso, Stefano Di Battista, Gunther Schuller, Kenny Wheeler, Mike Manieri, George Garzone, Toninho Horta, Alain Jean Marie, Mundell Lowe, Philip Catherine, Rick Margitza, Donnie Mc Caslin, Bob Mintzer, Tooth Thielemans, John Abercrombie, Dave Liebman, Seamus Blake e Greg Osby. E nel mondo della musica leggera con: Mimmo Locasciulli, Francesco De Gregori, Beppe Servillo, Paola Turci, Daniele Silvestri, Gino Paoli e Sergio Cammariere con il quale ha inciso dieci album. Attualmente è docente di contrabbasso jazz presso il conservatorio dell’Aquila e al Saint Music College di Roma.
Inoltre, come sound designer e produttore del suono, ha mixato e masterizzato diversi lavori per: Emarcy/Universal, CAM jazz, Albore Jazz, Abeat Records, Auand, Widesound, Dreyfus Jazz, Via Veneto Jazz / Jando Music.
Nel 1986, durante il seminario “Siena Jazz”, è stato notato da Enrico Rava con il quale ha iniziato la carriera professionistica nel 1987. Nello stesso anno con l’“Enrico Rava Quartet” ha registrato il suo primo disco dal titolo “Animals”.
Dall’inizio della sua carriera ha avuto modo di alternarsi tra formazioni precostituite (Enrico Rava Quartet, Enrico Pieranunzi Trio, Quartetto di Claudio Fasoli, Gibellini-Tavolazzi-Beggio Trio, Lydian Sound Orchestra, Antonio Faraò Quartet, Roberto Olzer Trio) e un intensa attività di freelancer suonando con musicisti italiani e stranieri come: Johnny Griffin, Toots Thielemans, Lee Konitz, Palle Danielsson, Franco Ambrosetti, Paul Bley (con il quale ha inciso il CD “One Year After”), Franco D’Andrea, Guido Manusardi, Stefano Bollani e molti altri.
Ha insegnato nei Conservatori di Vicenza, Padova, Mantova, Trieste, Rovigo e nei corsi di alta formazione della “Siena Jazz University”.
Laureato al DAMS di Bologna con una tesi sulle colonne sonore di Duke Ellington, ha conseguito i diplomi accademici di primo e secondo livello in Musica Jazz e Musica a indirizzo multimediale presso il Conservatorio di Bologna. Ha inoltre studiato direzione d’orchestra presso l’Accademia Pianistica di Imola.
É stato pluripremiato in concorsi nazionali e internazionali di composizione e arrangiamento per big band e orchestra sinfonica quali: Eddie Lang, 2 Agosto, Jazzverk, Bargajazz, Scrivere in Jazz, SIAE Libera il Jazz, European Composers Competition.
Ha collaborato come compositore, arrangiatore o direttore d’orchestra con artisti tra i quali: Kenny Wheeler, John Taylor, David Liebman, Norma Winstone, Anders Jormin, Glauco Venier, Enrico Pieranunzi, Diana Torto, Alfonso Deidda, Gianluca Petrella, Gianluigi Trovesi, Maria Pia De Vito, WDR Big Band, Orchestra Nazionale Jazz Giovani Talenti e, in ambito classico, con Mario Brunello, Altenberg Trio Wien, Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e Camerata Strumentale Città di Prato. Considerato uno dei maggiori esperti mondiali della musica di Duke Ellington, è stato invitato come relatore alle ultime due edizioni dell’International Duke Ellington Conference tenutesi ad Amsterdam nel 2014 e a New York nel 2016; all’International Jazz Composers Symposium svoltosi nel 2017 a Tampa, in Florida e nel 2019 a Greeley, in Colorado.
Insegna composizione jazz presso i Conservatori “Antonio Buzzolla” di Adria e “G.B. Martini” di Bologna.
«BLUES & BACH: THE MUSIC OF JOHN LEWIS»
Il rapporto tra jazz e musica classica europea è uno dei temi più dibattuti tra storici, critici e appassionati ed è, ancora oggi, oggetto di incomprensioni, visioni storiche distorte e terreno di scontro ideologico. In verità di tratta di una relazione complessa, a tratti contraddittoria, una sorta di incontro-scontro tra culture che si nutre tanto di diffidenze quanto di scambi autentici e fecondi. Di certo esistono delle difficoltà a conciliare linguaggi di provenienza e storia così diverse, ma esistono anche molti elementi compatibili che consentono una feconda mescolanza di idee.
Nel mondo del jazz è stato il compositore e pianista afroamericano John Lewis a produrre le opere più belle e importanti. In particolare, con il suo Modern Jazz Quartet, tra la metà degli anni Cinquanta e gli anni Settanta, Lewis ha risolto problemi musicali impervi, come la creazione di fughe jazz (anche triple, come Three Windows), strutture a sviluppo con improvvisazione, apertura della forma, strutture tonali ispirate al nome “Bach” e così via, salvaguardando lo swing e un intenso blues feeling, con risultati di eccezionale valore musicale. «Blues & Bach» parte da un progetto del compositore e arrangiatore Michele Corcella proprio con lo scopo di esaltare la ricchezza di quella musica.
Corcella ha anzitutto aggirato ogni riferimento al Modern Jazz Quartet, per esempio evitando l’uso del vibrafono, per proiettare la musica su un piano più universale, meno legato all’esperienza da cui è nata. Inoltre ha limitato il ricorso dell’improvvisazione jazz al trio pianoforte, contrabbasso e batteria; e ha disegnato gli arrangiamenti in funzione dello stile pianistico di Enrico Pieranunzi, uno dei maggiori pianisti europei di jazz e uno dei pochi al mondo che per storia e vocazione oggi è in grado di rileggere in modo personale l’eredità di John Lewis, che richiede competenze in diversi linguaggi, una peculiare sensibilità stilistica e una notevole apertura culturale.
Il repertorio abbraccia l’ampio spettro espressivo delle composizioni di John Lewis, in particolare le pagine ispirate alla cultura rinascimentale e barocca tra Francia e Italia, composte tra gli anni Cinquanta e Settanta. Ci sono la celebre Django, un tombeau in omaggio a Django Reinhardt, in cui il grande chitarrista gitano viene celebrato come un aristocratico della cultura francese; il dolente e dinamico Blues in A Minor, parte di una serie di blues nelle tonalità del nome BACH (Sib, La, Do, Si), estratti di colonne sonore per il cinema (l’incantevole valzer Skating in Central Park), l’omaggio alle città italiane (la ballad Milano, ma Lewis scrisse anche un brano intitolato Trieste); estratti dalla Suite “The Comedy”, dedicata alla commedia dell’arte, di cui qui si ascoltano Spanish Steps (dedicato a Piazza di Spagna) e Piazza Navona; e naturalmente le fughe, tra cui Concorde e Vendôme (ispirate a due celebri piazze parigine) e Three Windows, una fuga tripla ispirata alle luci e ai colori di Venezia, capolavoro che era parte della colonna sonora di un film dimenticato. Ognuna di queste fughe è preceduta da un preludio scritto appositamente da Corcella. Tutti questi riferimenti ambientali e culturali non sono semplici descrizioni esterne alla musica, ma si sostanziano nella scrittura di Lewis in precise forme e gesti musicali, spesso di carattere descrittivo o sottilmente allusivo.
Ad esempio: Django si svolge su una forma tripartita, di chiara derivazione europea, che si apre e chiude con un ritmo tipico del genere funebre francese; il valzer di Skating in Central Park galleggia su un piccolo gesto sfuggente, sincopato, che simula un dolce pattinare, spensierato e malinconico; le piccole “scale” musicali di Piazza di Spagna, che salgono e scendono mescolando blues e valzer, alludono a quelle reali che sovrastano la piazza; le “tre finestre” di Three Windows sono altrettanti temi legati a luoghi e personaggi veneziani che si intrecciano in una scrittura di rara complessità e trasparenza.
Nell’originale Blues in A Minor il basso continuo barocco diventa la traccia su cui si svolge un complesso blues con cambi di tonalità, metro, ritmo. E poi ci sono le pagine che esulano da questi ambiti, come la danza modale e trascinante del vicino oriente di The Jasmin Tree o That Slavic Smile, pensato da Lewis per la sua consorte slovena. Dunque, la musica di Lewis si tiene in equilibrio tra due mondi simbolici, quello jazz e quello classico, intrecciati da una fitta rete di gesti, forme, sviluppi che le due tradizioni musicali hanno in comune.
Questa inedita fusione tra jazz, musica classica europea, con tocchi di world music, nei primi anni Sessanta fu ribattezzata da Gunther Schuller “third stream”, ovvero musica che fondeva la prima corrente (quella classica), con la seconda (il jazz) per ottenerne una terza, la “third stream”, appunto. Quell’etichetta fu molto discussa ed ebbe in definitiva una fortuna limitata. Ma Michele Corcella è ben consapevole dei limiti e delle potenzialità di queste ibridazioni e nell’affrontare i capolavori di John Lewis ha sempre tenuto presente quanto scriveva Schuller a proposito della “third stream”:
Non è jazz con il contributo di archi
Non è jazz suonato con strumenti “classici”
Non è musica classica suonata da jazzisti
Non è un innestare Ravel in mezzo agli accordi del be-bop e nemmeno il contrario
Non è jazz in forma di fuga.
Non è una fuga suonata da jazzisti
Non è un modo per distruggere il jazz o la musica classica; è semplicemente
un’altra opzione tra le tante per i musicisti creativi di oggi.
E, aggiungiamo noi, un altro modo per ricordarci che nella grande musica, di qualsiasi provenienza sia, i confini non esistono.
Stefano Zenni