con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
«L’Armonia dell’Orchestra da camera»
ANTONIO VIVALDI (1678 – 1741)
Le Quattro Stagioni op.8
Concerto Nº 1 in Mi maggiore, opera 8, RV 269 (La primavera)
Allegro
Largo e pianissimo sempre
Allegro pastorale
solista: Karpova YULIYA
Concerto Nº 2 in Sol minore, opera 8, RV 315 (L’estate)
Allegro non molto
Adagio e piano – Presto e forte
Presto
solista: Olena SPIRIDONENKO
Concerto Nº 3 in Fa maggiore, opera 8, RV 293 (L’autunno)
Allegro
Adagio molto
Allegro
solista Yastremska KATERYNA
Concerto Nº 4 in Fa minore, opera 8, RV 297 (L’inverno)
Allegro non molto
Largo
Allegro
solista: Olena SPIRIDONENKO
OTTORINO RESPIGHI (1879 – 1936)
Antiche Danze e Arie per liuto «Suite n.3»
Italiana – Andantino (Ignoto)
Arie di corte – Andante cantabile (Jean-Baptiste Besard)
Siciliana – Andantino (Ignoto)
Passacaglia – Maestoso. Vivace (Ludovico Roncalli)
La creazione del National Chamber Ensemble “Kiev Soloists” rappresenta il compimento del sogno del celebre violinista e artista del popolo ucraino, Bohodar Kotorovych (1941-2009).
Questa formazione, riconosciuta e apprezzata da pubblico e critica in tutto il mondo, riunisce giovani talentuosi musicisti provenienti dall’Ucraina, molti dei quali vincitori di prestigiosi Concorsi nazionali e internazionali.
Attualmente il direttore artistico dell’Ensemble è Dmytro Tkachenko, allievo di Kotorovych.
Sotto la sua guida l’Ensemble ha conquistato platee di tutto il mondo suonando nelle più importanti sale da concerto a Parigi, Berlino, Varsavia, Vienna, Singapore e all’Expo in Giappone.
L’Ensemble è frequentemente invitato a partecipare ai più importanti Festival internazionali, tra cui il David Oistrakh a Pärnu, il “Warsaw Autumn” a Varsavia, a numerosi eventi musicali a Cracovia e a Festival di musica classica in Germania, Algeria, Azerbaigian e Ucraina, tra cui il “Kyiv Music Fest” e il “Gogolfest”.
Per il loro impegno, attivo nella promozione della cultura ucraina nel mondo, i “Kiev Soloists” hanno ricevuto dal Ministero degli Affari Esteri dell’Ucraina il titolo di “Ambasciatore della cultura ucraina”.
Nel 2010 la formazione è stata insignita del titolo di “National Chamber Ensemble” con decreto del Presidente dell’Ucraina, un riconoscimento che sottolinea il loro significativo contributo alla musica e alla cultura del Paese.
Le Quattro Stagioni op.8
«Tra questi pochi e deboli Concerti troverà le Quattro Stagioni». Forse Antonio Vivaldi non immaginava, al momento di scrivere queste parole nella lettera dedicatoria al conte boemo Wenzel von Morzin in occasione della prima pubblicazione dell’op.8 (Le Cène, Amsterdam, 1725), quale fama imperitura gli avrebbero reso quei “deboli” Concerti. Nell’edizione – che esce suddivisa in parti separate come era consuetudine per una immediata pratica esecutiva – la musica è accompagnata da quattro “sonetti dimostrativi” in chiara funzione didascalica, sottolineata dallo stesso Vivaldi nella prefazione: «essendo queste accresciute, oltre li Sonetti con una distintissima dichiaratione di tutte le cose, che in esse si spiegano». Si trattò evidentemente di una intuizione geniale, che a posteriori potremmo giudicare come una riuscitissima operazione di “marketing” musicale.
Il ciclo si apre in maniera gioiosa e luminosa con La Primavera (Concerto n. 1 in mi maggiore RV 269): il tema iniziale (Allegro con il motto “Giunt’è la Primavera”) – che funge da ritornello (già utilizzato peraltro da Vivaldi nella breve Sinfonia di apertura del Giustino nel quale è associato emblematicamente all’apparizione della dea Fortuna) – ha la verve della spensierata danza di corte interrotta di volta in volta dal canto degli uccelli o dai nuvoloni all’orizzonte resi dagli squarci solistici del violino.
Il movimento lento (Largo con il motto “Il capraro che dorme”), dal carattere misterioso e malinconico, riecheggia, con gli archi di sottofondo, il dolce fruscio delle piante; ma con la “Danza pastorale” finale l’atmosfera torna a essere ritmica ed effervescente, come si conviene alla più promettente delle stagioni.
Di tutti i Concerti del ciclo, l’Estate (Concerto n. 2 in sol minore RV 315) è quello che più si presta ad essere considerato nel suo complesso, senza distinzione nei vari movimenti: da una parte la tonalità unificante (sol minore) e dall’altra la progressione degli stadi emozionali (dalla “Languidezza per il caldo” al “Timore dei lampi e dei tuoni” fino al “Tempo impetuoso d’estate”), conducono l’ascoltatore a una climax di sensazioni assolutamente coinvolgenti ed esaltanti, rese dalla scrittura musicale con effetti quasi “visibili”.
Nell’Autunno (Concerto n. 3 in fa maggiore RV 293) è l’uomo a tornare protagonista nel godersi i frutti del suo lavoro: il raccolto, il vino, la selvaggina. E quindi può divertirsi (Allegro iniziale con il “Ballo e canto dei villanelli”), può lasciarsi andare agli eccessi (“L’ubriaco”), può sprofondare in un meritato riposo (Adagio molto – “Dormienti ubriachi”) e può anche dimostrare la propria gagliardia (Allegro – “La caccia”).
La sensazione dell’arrivo dell’Inverno (Concerto n. 4 in fa minore RV 297) è dato da un incipit privo di melodia, caratterizzato da aspre dissonanze: un’articolazione secca che si scioglie nervosamente nelle sembianze della furia del vento e del gelo delle membra (Allegro non molto – “Agghiacciato tremar orrido vento – Correr e batter i piedi”). Ma ecco il calore di un riparo (Largo – “La gioia del focolare – Fuori piove”): una serena melodia di “benvenuto” ci conforta mentre le gocce di pioggia (descritte con i pizzicati dei violini) rimbalzano lontane. Fuori la musica “scivola” sul ghiaccio (Allegro finale) ed è in balia dei venti ma nonostante il freddo continua con i suoi ritmi, i suoi giochi e la sua capacità di stupire.
Antiche Danze e Arie per liuto «Suite n.3»
La ricostruzione delle musiche del passato, sia pure in un percorso totalmente privo di qualsiasi presupposto storico – filologico, è senza dubbio uno degli assiomi attorno al quale ruota l’opera di Ottorino Respighi; una proposta di stampo neoclassico rivissuta facendo leva su un’orchestrazione brillante, coloristica, fatta di impercettibili sfumature impressionistiche, oltre che su una cantabilità espressiva volta a sottigliezze pre-raffaellite e a un eclettismo stilistico non privo di compiacenze.
Fra le opere liberamente ispirate al Sei-Settecento italiano di Monteverdi, Cimarosa, Frescobaldi, Locatelli e naturalmente Vivaldi, un posto a sé merita la raccolta delle Antiche Danze e Arie, ispirata a un’edizione per liuto del musicologo Oscar Chilesotti e ripartita in una serie di tre Suites per vario organico: le prime due – accolte rispettivamente nel 1917 all’Augusteo di Roma, sotto la direzione di Bernardino Molinari e nel 1924 a Cincinnati –prevedevano l’uso di una piccola orchestra da camera con tanto di clavicembalo, arpa e persino tromboni, timpani (o addirittura corno inglese), scarsamente associabile alle tenui sonorità di uno strumento a pizzico; solo la terza, accolta proprio al Conservatorio di Milano nel gennaio del 1932, sotto la direzione dell’autore, mantiene una dimensione circoscritta alla strumentalità ad arco.
Gran parte di questi pezzi, nel loro insieme, si mantengono in una forma ternaria o tracciano il percorso di una piccola variazione, su schemi riconducibili al mondo della danza (Gagliarda, Passo mezzo, Bergamasca, Siciliana, Passacaglia) e dell’inserto polifonico popolaresco (Villanella).
La Suite n. 3 che ascoltiamo in questa occasione si compone di quattro parti: la prima è un’Italiana (Andantino) ispirata a un compositore anonimo di fine Cinquecento, con una melodia affidata al dolce languore dei primi violini; la seconda si intitola genericamente Arie di corte ed è tratta da un originale di Jean –Baptiste Bésard, liutista francese tardo rinascimentale; la terza è una Siciliana che rievoca l’antica consuetudine dei movimenti altalenanti d’impronta Pastorale, con qualche semplice variazione nella parte centrale.
Infine, la raccolta si conclude con un quarto pannello ispirato a una Passacaglia del chitarrista italiano Ludovico Roncalli, basata sulla continua reiterazione di un basso ostinato.