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MILANO FESTIVAL CHAMBER ORCHESTRA – G. R. MARINI – M. RAINELLI

MILANO FESTIVAL CHAMBER ORCHESTRA
Direttore GIORGIO RODOLFO MARINI
Flauto MARCO RAINELLI

Dettagli evento
  • Data : 20 Maggio 2024, ore 20:45
  • Luogo : Sala Verdi – Conservatorio di MIlano, via Conservatorio 2, 20122 Milano
  • Biglietti: intero 25€, ridotto 20€
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Sala Verdi – Conservatorio di Milano

Via Conservatorio, 12
Milano, 20122 Italia
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Programma

WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756-1791)
Divertimento per archi n.1 in re maggiore K.136
Allegro
Andante
Presto

ANTONIO VIVALDI (1678 – 1741)
Concerto per flauto e archi in fa maggiore op.10 n.1
“La tempesta di mare” RV 433
Allegro (fa maggiore)
Largo (re minore]
Presto (fa maggiore)

Concerto per flauto e archi in re maggiore op.10 n.3 “Il gardellino” RV 428
Allegro (re maggiore)
… (re maggiore)
Allegro (re maggiore)

WOLFGANG AMADEUS MOZART
“Eine kleine Nachtmusik”, Serenata per archi in sol maggiore K525
Allegro (sol maggiore)
Romanza. Andante (do maggiore)
Minuetto e trio. Allegretto (sol maggiore)
Rondò. Allegro (sol maggiore)

Scarica il libretto di sala

MILANO FESTIVAL CHAMBER ORCHESTRA

Composta da solisti provenienti dalle principali orchestre italiane, la MFCO si è distinta, fin dalla sua fondazione, per il suono e l’interpretazione originale dei repertori classici e contemporanei. Ospite delle principali Stagioni concertistiche, suona regolarmente nelle più importanti sale da concerto e in luoghi suggestivi come abbazie secolari e storici palazzi, tra i quali Palazzo Spinola sede della Società del Giardino di Milano.  Il suo repertorio spazia dalle Suites di Bach ai Valzer di Strauss, dalla maestosità della musica tardo-barocca alla profondità delle composizioni post-romantiche. Sotto l’egida della Fondazione Jupiter, ufficialmente riconosciuta dalla Regione Lombardia, la Milano Festival Chamber Orchestra si impegna a diffondere l’arte e la cultura, promuovendo la musica come forma suprema di inclusione. Grazie al suo impegno per l’accessibilità culturale, questa Orchestra rimane una delle gemme musicali della scena italiana e internazionale.

Violini IViolini IIViole
Liliia Bodnar
Andrea Bordonali *
Daniela Zanoletti
Ivan Zarrilli
Chiara Del Turco
Stefano Grossi
Monica Vacatello
Marco Cavallone
Michela Frediani
Gianfranco Messina
VioloncelliContrabbasso
Davide Cervi
Salvatore Musso
Francesco Musso
*Spalla

MARCO RAINELLI

Diplomatosi in flauto a 17 anni presso il Conservatorio Cantelli di Novara con Michele Gori, nel 2008 ha conseguito il diploma di II livello presso l’Istituto Musicale Pareggiato “Vecchi – Tonelli” di Modena con il massimo dei voti e la lode. Si è perfezionato all’estero – grazie a una borsa di studio dell’Associazione artistico-musicale DeSono di Torino – con Felix Renggli presso la Musik Hochschule di Friburgo, compiendo due anni in “Advanced Studies” e, con Jacques Zoon, presso l’Haute Ecole de Musique di Ginevra conseguendo il diploma “Master en Interprétation Musicale”.

Primo premio ai Concorsi di flauto “MelzoGiovani” (Milano) e “Emanule Krakamp” (Benevento), “Premio Brusoni” 2009 e vincitore della Borsa di studio “Severino Gazzelloni”. Già allievo dell’Accademia Chigiana di Siena, nel biennio 2003 – 2004 ha seguito il Corso per professori d’orchestra presso l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano esibendosi in tutta Italia. Nel 2013 ha suonato per il concerto inaugurale del Festival Internazionale di flauto a Friburgo.

Ha collaborato, in qualità di primo flauto, con l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano, nelle tournée europee della Classical Concert Chamber Orchestra (USA) e del New Art Ensemble con Bruno Canino. Ha suonato con l’Orchestra Filarmonica di Torino, la Verbier Festival Orchestra, l’Orchestra Regionale Toscana, la Sinfonica di Roma e con l’Insubria Chamber Orchestra. Svolge un’intensa attività concertistica come solista e camerista.

É docente titolare della cattedra di flauto traverso presso l’Istituto Comprensivo F.M. Beltrami di Omegna.


WOLFGANG AMADEUS MOZART

Divertimento per archi n.1 in re maggiore K.136

Sotto il nome di Divertimento, nella civiltà musicale del secondo Settecento, si intendeva un genere compositivo di difficile definizione; non legato a precise regole costruttive e al rispetto di un determinato organico strumentale, il Divertimento poteva essere un brano di dimensioni impegnative o contenute, affidato a un solo esecutore o a un cospicuo ensemble da camera. In definitiva ciò che accomunava sotto uno stesso nome composizioni tanto dissimili era la loro particolare destinazione d’intrattenimento; in una cittadina di provincia, come la Salisburgo dei Mozart, ogni famiglia aristocratica o alto borghese esercitava una piccola azione di mecenatismo – finalizzata a dare lustro alla propria casata – commissionando ai musicisti locali Divertimenti, o Serenate, o Cassazioni, che celebrassero particolari occasioni o ricorrenze, o anche semplicemente allietassero la vita di tutti i giorni.

Per una simile funzione furono verosimilmente creati i tre Divertimenti K.136/137/138 che Mozart scrisse a Salisburgo nel corso del 1772, nel breve lasso di tempo (fra gennaio e ottobre) intercorso fra il ritorno dei Mozart padre e figlio dal secondo dei tre viaggi in Italia e la loro partenza per l’ultimo di questi viaggi. Si tratta di tre partiture articolate ciascuna in appena tre movimenti e affidate a un organico che comprende due parti per violino, una per viola e una per violoncello; con il K.136 ci troviamo di fronte a uno dei primi esperimenti tentati da Mozart nel campo del Quartetto per archi (l’unico precedente è il Quartetto K.80 scritto a Lodi nel 1770), celato sotto il nome di Divertimento per quella ambiguità terminologica alla quale abbiamo sopra accennato e che era comune nella prassi musicale settecentesca. D’altra parte, tale ambiguità si riflette anche sull’organico al quale è effettivamente destinata la partitura; la scrittura a quattro parti infatti, non si riferisce necessariamente al semplice Quartetto d’archi, ma può implicare il ricorso a un’orchestra da camera.

La stessa definizione di Quartetto per archi veniva impiegata per un tipo di composizione che, in quel momento, era ancora lontana da quella scrittura obbligata e concertante che avrebbe fatto del Quartetto il genere nobile per eccellenza dell’età classica; piuttosto si trattava di un genere derivato dalla antica Sonata a tre e ad essa ancora legato nel predominio assoluto delle voci superiori (melodiche) su quelle inferiori (confinate in una funzione di ripieno e sostegno armonico). Il contenuto musicale del Divertimento K.136 rivela chiaramente il travaglio formativo attraversato da Mozart nell’età dell’adolescenza; il tipo di scrittura predominante nel brano è quello sopra descritto, di derivazione tipicamente italiana; il primo movimento – Allegro – si snoda agile e cordiale sugli schemi riconosciuti della Sinfonia italiana, con il serrato dialogo delle due parti di violino e il discreto accompagnamento di viole e violoncelli; il centrale Andante svolge con partecipata proprietà il contenuto affettuoso e idilliaco, mentre il Presto suggella il breve brano con fare spigliato e divertito; ma proprio in quest’ultimo movimento è sorprendente notare l’improvvisa scrittura contrappuntistica della sezione dello Sviluppo (una chiara influenza dello stile salisburghese di Michael Haydn), mentre già nel primo tempo il vasto uso di modulazioni al modo minore (sempre nello Sviluppo) spostava l’ambientazione espressiva verso traguardi ignoti al disimpegnato gusto italiano.

Nella sua semplicità, insomma, questo Divertimento si rivela risultato di molteplici suggestioni culturali e quindi un esempio in nuce di quella personale rielaborazione di differenti modelli che porterà Mozart verso la conquista del proprio superiore linguaggio.

ANTONIO VIVALDI

Concerto per flauto e archi in fa maggiore op.10 n.1 “La tempesta di mare” RV 433

Fecondissimo in tutti i campi musicali, Antonio Vivaldi godette nel Settecento di una immensa popolarità, soprattutto per la sua attività di compositore strumentale. Il Concerto in fa maggiore per flauto e archi, che reca il sottotitolo “La tempesta di mare”, vede il flauto condurre un discorso vivacemente frastagliato nell’Allegro iniziale, per poi dispiegare un canto più disteso, sul vento di bonaccia, nel Largo e riprendere infine nel Presto maggiore tensione musicale, sorretta dagli energici e vigorosi interventi del Tutti.

Concerto per flauto e archi in re maggiore op.10 n.3 “Il Gardellino” RV 428

Il Concerto per flauto e archi, detto «Il Cardellino» o, meglio, «Il Gardellino» dallo stesso Vivaldi, fa parte assieme a «La Tempesta, di mare» e «La Notte», della serie dei Sei Concerti per flauto op.10 pubblicata ad Amsterdam nel 1728. Appartiene quindi molto probabilmente a un periodo relativamente tardo della produzione dell’artista. Infatti, non solo la struttura formale di questo Concerto appare estremamente semplice, ma lo stesso materiale tematico, nella sua quasi astratta schematicità, si muove ai confini di un vero e proprio manierismo vivaldiano.

L’inventiva melodica di Vivaldi, altrove assai ricca ed evidente, sembra qui isterilirsi in brevi formule che vengono ripetute anziché sviluppate. Così il tema del «tutti» nel primo tempo si riduce alla quadruplice iterazione (immediatamente ripetuta) di un motivo a sua volta costituito da due ripercussioni di una medesima cellula fondamentale. L’apparente povertà di questo singolare discorso musicale ha la precisa funzione di concentrare tutto l’interesse dell’ascoltatore sull’elemento più importante di questa composizione: l’invenzione sonora. Meravigliose, infatti, come sempre, sono le strutture particolari degli episodi che collegano i vari ritorni del «tutti», sia che esse siano realizzate in forma cadenzale dal flauto solo (come nel primo episodio), sia che si presentino come un dialogo tra il flauto e una o più sezioni di archi.

Queste strutture si basano su un abilissimo sfruttamento dei rapporti armonici tra le note formanti gli accordi perfetti, ottenuto alternando su di esse vari timbri, vari modi di attacco e vari abbellimenti. Da questo punto di vista si può parlare di una vera e propria attualità del linguaggio vivaldiano (si pensi alla Klangjarbenmelodie di Schönberg e di Webern), per altro verso assai legato al suo tempo e meglio si comprende il diffuso interesse alla sua «riscoperta». Quanto al sottotitolo del Concerto, sarà quasi inutile far rilevare le intenzioni francamente descrittive di Vivaldi, a cui le deliziose fioriture del flauto furono certamente suggerite dalla voce di un cardellino e non dalla voce del «sentimento del cardellino».

WOLFGANG AMADEUS MOZART

“Eine kleine Nachtmusik”, Serenata per archi in sol maggiore K525

Eine kleine Nachtmusik (Una piccola musica notturna, o Serenata notturna) in sol maggiore K 525 fu composta da Mozart nell’estate del 1787, presumibilmente in una breve interruzione del lavoro principale di quell’anno, la stesura del Don Giovanni. Infatti la composizione fu inserita dall’autore nel catalogo tematico personale alla data del 10 agosto 1787; il 1° ottobre Mozart partì alla volta di Praga per dare gli ultimi ritocchi e mettere in scena la partitura operistica.

Adatta più all’Orchestra d’archi che al Quartetto solistico, essa sembra richiamarsi alle deliziose composizioni giovanili salisburghesi (c’è una eco postuma dei Divertimenti per archi K.136, 137 e 138) ed è stata scritta molto probabilmente in occasione di una ricorrenza festiva, destinata a una esecuzione da tenersi in un elegante cortile o in giardino di un palazzo principesco, secondo le abitudini della società feudale e mecenatistica del tempo. La meditata disposizione dei quattro tempi, la calcolata valorizzazione del materiale tematico, l’eleganza e la nobiltà della linea melodica rivelano la grande maestria mozartiana del periodo viennese.

Il carattere sereno e l’andamento scorrevole della Serenata si evidenziano sin dall’attacco iniziale, così cordiale e misuratissimo negli effetti timbrici. Una purissima melodia contrassegna la delicatissima Romanza, in cui con pochi ed essenziali tratti armonici l’autore raggiunge risultati musicali di altissimo livello. Il Minuetto risente più delle altre pagine dello stile Rococò, ma non c’è dubbio che Mozart riesca a essere se stesso (si ascolti la leggerezza delle modulazioni degli archi) con la sua genialità inventiva.

Secondo un’annotazione autografa dello stesso compositore, l’opera 525 avrebbe dovuto racchiudere due Minuetti con un Trio, ma il primo è andato perduto o addirittura sarebbe stato spostato altrove. Il Rondò ha il classico taglio gioviale e brillante dei Finali e dispiega quella facilità melodica e contrappuntistica tipica della personalità di Mozart, sia che si serva degli strumenti o della voce umana.