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Elisso VIRSALADZE

Pianista ELISSO VIRSALADZE

«Il Genio è Donna»

 «I Grandi Interpreti»

Dettagli evento
  • Data : 3 Febbraio 2025, ore 20:45
  • Luogo : Sala Verdi – Conservatorio di MIlano, via Conservatorio 2, 20122 Milano
  • Biglietti: Settore 1: Intero 40€, ridotto 35€ – Settore 2: Intero 35€, ridotto 30€
  • Acquista on-line

Sala Verdi – Conservatorio di Milano

Via Conservatorio, 12
Milano, 20122 Italia
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Programma

FRYDERYK CHOPIN (1810 – 1849)

Polacca-Fantasia in la bemolle maggiore op.61
Allegro maestoso

Sonata per pianoforte n.3 in si minore op.58
Allegro maestoso; Scherzo (molto vivace); Largo; Finale (presto ma non tanto)

Notturno in do diesis minore op.27 n.1
Larghetto

Notturno in re bemolle maggiore op.27 n.2
Lento sostenuto

Mazurca in do diesis minore op.30 n.4

Mazurca in sol diesis minore op. 33 n.1

Mazurca in re maggiore op.33 n.2

Mazurca in la minore op.59 n.1

Mazurca in la maggiore op.59 n.2

Mazurca in fa diesis minore op.59 n.3

Valzer in sol bemolle maggiore op.70 n.1

Valzer in la maggiore op.42 ”Grande Valse“

Scarica il libretto di sala

ELISSO VIRSALADZE

È nata e cresciuta Tblisi in una famiglia che per generazioni ha partecipato attivamente alla vita culturale e artistica del Paese. Ha iniziato lo studio del pianoforte con la nonna, Anastasia Virsaladze; quindi, dopo gli studi nel locale Conservatorio, lasciava la città natale e si trasferiva a Mosca, dove a vent’anni conquistava il terzo premio nel Concorso Ciaikovski e proseguiva gli studi sotto la guida di Heinrich Neuhaus e Yakov Zak. Questi insegnanti, oltre a influire profondamente sul suo sviluppo artistico, la immergevano nella tradizione pedagogica della scuola pianistica russa. Non sorprende, pertanto, che sia oggi considerata un’insegnante straordinaria e che i suoi studenti abbiano ottenuto riconoscimenti tra i più importanti nei concorsi internazionali.

Insegna al Conservatorio di Mosca e alla Scuola di Musica di Fiesole. Partecipa come membro della giuria ai concorsi (“Santander”, “Geza Anda”, “Rubinstein”, “Ciaikovski” e “Richter”). Coltiva con cura una grande passione per i compositori del tardo diciottesimo e del diciannovesimo secolo. Le sue interpretazioni storiche riguardano soprattutto Mozart, Beethoven, Chopin, Liszt e Schumann.

A ventiquattro anni vinceva il primo premio al Concorso Schumann di Zwickau, facendola immediatamente annoverare dalla stampa internazionale tra i più grandi interpreti schumanniani contemporanei. Lo stesso Richter dirà di lei: «… il suo Schumann non ha eguali».

Ma del resto la pianista annovera un vasto repertorio, che si estende fino a comprendere i compositori russi moderni e contemporanei. Suona regolarmente a Londra, Milano, Roma, Parigi, Lisbona, Berlino e Barcellona. Attiva in ambito cameristico, suona anche con orchestre quali la Filarmonica di San Pietroburgo e la Royal Philharmonia London, ha effettuato tournée nel Nord America, in Giappone e in Europa. Suona inoltre regolarmente con orchestre in Francia, Germania, Italia, Spagna, Svizzera, Stati Uniti, collaborando con Barshai, Kondrashin, Muti, Sanderling, Sawallisch, Svetlanov, Temirkanov, Wit.

Per “Serate Musicali” è indimenticabile protagonista dei “Concerti Storici alla Memoria di Sviatoslav Richter” e di una serie di ininterrotti trionfi con la storica Filarmonica di San Pietroburgo e Temirkanov (ricordiamo l’ultima, al Teatro alla Scala l’11.12.2006 e l’incredibile trionfo registrato).

Anche in questa stagione apparirà sia in recital che in concerti sinfonici (San Pietroburgo, Israele, Hong Kong) e in musica da camera, in varie parti del mondo. Sarà in giuria a Sendai e Hong Kong.

Elisso Virsaladze è ospite storica e memorabile di Serate Musicali dal 1992.


FRYDERYK CHOPIN

Polacca-Fantasia in la bemolle maggiore op.61

La Polonaise-Fantasia appartiene all’ultimo periodo della creatività di Chopin (1846-1847) e costituisce uno degli esiti più ambiziosi di quel pianismo dalla forma “aperta”, proiettata verso esperienze artistiche del futuro. Per la prima volta spariscono completamente i tradizionali segni dei “ritornelli” e le conseguenti ripetizioni testuali. Infatti per Chopin la Polacca non è più soltanto una danza, ma un poema di complessa articolazione, in cui le nostalgie dell’esule volontario non si appagano di rievocazioni, ora struggenti, ora pittorescamente fastose, pur sempre improntate a un geloso intimismo.

Il virtuosismo della scrittura, sotto l’influsso delle parallele conquiste lisztiane, si fa più eloquente e vigoroso, così da sostenere l’empito di una nuova espressività, di maggiore risonanza epica. Dal punto di vista tecnico la Polacca-Fantasia presenta il seguente scheletro compositivo: Introduzione in la bemolle maggiore; primo gruppo tematico in la bemolle maggiore; secondo gruppo tematico in la bemolle maggiore e in mi maggiore; sviluppo del primo gruppo tematico; terzo gruppo tematico in si bemolle maggiore e si maggiore; Intermezzo con due episodi con il quarto gruppo tematico in si maggiore e il quinto gruppo tematico in sol diesis minore, si maggiore e fa minore; ricapitolazione del primo gruppo tematico in la bemolle maggiore e ricapitolazione del quarto gruppo tematico in la bemolle maggiore.

Di fronte a questa struttura è facile immaginare come niente sia affidato al caso, anche se si avverte una estrema variabilità di situazioni psicologiche e sentimentali, indicative della fragile personalità di Chopin. Bisogna aggiungere che i contemporanei non capirono a fondo la novità del linguaggio di questa Polacca, pur apprezzandone le intuizioni armoniche e timbriche.

Sonata per pianoforte n.3 in si minore op.58

Composta nel 1844, la Terza Sonata appartiene all’ultimo periodo della creatività di Chopin. L’Allegro maestoso iniziale porta il personalissimo trattamento della forma-sonata anche più in là di quel che Chopin aveva fatto nel corrispondente movimento della Seconda Sonata. Qui l’elemento di gran lunga più importante è il lirico secondo tema, dal carattere quasi di Notturno, che si estende per ben cinquanta battute, mettendo in ombra il primo tema, accordale, che viene poi del tutto omesso nella ripresa.

Lo Scherzo (Molto vivace) è un moto perpetuo a velocità mozzafiato, che fornisce al pianista un mezzo ideale per far valere il proprio virtuosismo. Al suo centro s’apre un Trio nettamente contrastante, dall’andamento disteso e cullante. Il successivo Largo conduce l’ascoltatore in un mondo completamente diverso. È un pezzo in forma ternaria: la melodia profonda e spirituale delle due sezioni esterne cede il passo nella sezione centrale a un’ampia meditazione su un tema formato da sequenze di crome ondeggianti.

Come sempre in Chopin, una speciale attenzione va prestata all’armonia: si noti in particolare l’iridescenza cromatica dei due passaggi in cui il tema principale si avvia verso la tonalità di si maggiore. In contrasto col Largo, il Finale (Presto non tanto) è vigoroso e atletico. La forma ricorda un Rondò, ma si allontana in più punti dallo schema classico: otto battute di turgidi accordi introducono a un maestoso e spavaldo tema da Ballata, che costituisce il materiale melodico principale di questo movimento e s’alterna con un brillante motivo di carattere non tematico.

La Coda porta alla tonalità di si maggiore, per una conclusione positiva e trionfante, così lontana dal tono prostrato e malaticcio che nella mente di molti si accompagna indissolubilmente alla musica di Chopin.

Notturno in do diesis minore op.27 n.1

Chopin iniziò a scrivere il Notturno in do diesis minore nel 1834 e sicuramente lo terminò entro il mese di giugno dell’anno successivo, come l’altro in re bemolle maggiore scritto contemporaneamente. Il 30 giugno 1835 infatti il musicista offrì le due composizioni, accompagnate da una lettera, all’editore Breitkopf & Härtel di Lipsia per un’eventuale pubblicazione. I Notturni op.27 furono dedicati da Chopin alla Contessa Maria Teresa d’Appony, moglie dell’ambasciatore austriaco a Parigi Anton Appony. Il primo Notturno dell’op.27 è strettamente legato a quello successivo in re bemoille maggiore in quanto questa tonalità è enarmonica con il do diesis maggiore con cui termina la prima composizione, quasi fossero la contrapposizione l’uno dell’altro.

In effetti tanto il primo presenta caratteristiche di mistero e inquietudine quando il secondo è più pacato e disteso e ispira all’ascolto un senso di serenità. Il brano inizia con l’indicazione Larghetto e con una melodia apparentemente pacata, ma che sottende in realtà un’ansia nascosta, mentre la mano sinistra esegue un accompagnamento che suggerisce una sensazione di mistero. La situazione calma dell’inizio muta improvvisamente con un cambio di andamento ritmico; l’atmosfera si trasforma da tranquilla in ansiosa e l’espressione si fa più tesa, accentuata dall’intenso movimento della mano sinistra, che è quasi un rullare continuo e inquietante.

La musica accelera poco alla volta, muta anche la tonalità in la bemolle maggiore e l’intensità emotiva aumenta fino a giungere a un fortissimo e quindi a un fff, uno dei pochissimi usati da Chopin. Con un ritorno alla tonalità d’impianto il Notturno riacquista parzialmente un clima più tranquillo per poi ripresentare la melodia iniziale, recuperando anche il tempo e il ritmo d’apertura; la breve Coda finale conclude la composizione con un Adagio in un’atmosfera nuovamente pacata.

Notturno in re bemolle maggiore op.27 n.2

Il Notturno n.2 dell’op.27, organizzato in tre parti, non segue la consueta struttura A-B-A, bensì si basa sulla riproposizione del tema iniziale che genera nuovi episodi di tipo improvvisativo. Il brano inizia con il solo accompagnamento per la prima battuta, quindi viene introdotto il tema, cantabile, che porta subito in un’atmosfera di sogno e di intima serenità.

La costruzione è analoga a quella del Notturno op.9 n.2 con un’unica melodia che genera incessantemente se stessa, come in un continuo processo di autogemmazione. Per ravvivarla, Chopin escogita tutte le ornamentazioni più raffinate. La composizione termina con una lunga Coda, di sedici battute, che è una fra le più significative e raffinate di tutta la serie dei Notturni. Il brano esaurisce, con una scala diatonica ascendente, la sua ricca e incantevole melodia in un soffio lieve.

Mazurca in do diesis minore op.30 n.4

Le quattro Mazurche dell’op. 30 furono in parte abbozzate da Chopin verso la fine del 1836 e completamente scritte e rifinite l’anno successivo. Il fidanzamento del musicista con Maria Wodzińska si era interrotto alla fine dell’estate del 1836 lasciandolo addolorato, offeso e ferito nel suo intimo. Questa speranza svanita, unita alla grande nostalgia della Patria lontana, si riflette in queste composizioni che, come tutte le sue Mazurche, più di ogni altra opera, sono sempre state emblema del suo animo profondamente legato alla propria terra. Probabilmente per questo l’op.30, più che presentare nuovi aspetti o evoluzioni compositive, ripercorre elementi di scrittura già acquisiti, legati spesso a situazioni tratte dal folclore polacco.

Le Mazurche op.30 furono dedicate da Chopin alla principessa Marcelina de Würtemberg nata Czartoryska, una delle sue allieve più brave e più devote, nel cui salotto parigino il musicista suonò numerose volte. La Mazurca in do diesis minore op.30 n.4 ha la consueta costruzione ABA, presenta un’Introduzione e una Coda finale e porta l’indicazione Allegretto. È una delle Mazurche più complesse, più ricche di temi e di forza espressiva, tanto che può essere considerata un vero “poema lirico”.Dopo un inizio pacato e a mezza voce la musica si riprende subito con temi di grande intensità emotiva, così ricchi di novità armoniche che sicuramente dovettero stupire i primi ascoltatori e non solo, visto che anche Schumann, dopo il primo ascolto, recensì in modo non proprio positivo la composizione, salvo poi ravvedersi alcuni anni dopo riconoscendo la particolarità del lavoro e invitando i professori a «imparare molte cose da Chopin».

Anche in questa Mazurca, come nella precedente, si avvertono numerosi passi di derivazione popolare a partire dall’Introduzione con la presenza della “quarta slava” e dell’inserimento nell’accompagnamento di arpeggi che ricordano i contrabbassi paesani ascoltati dall’autore in gioventù. Il brano, uno dei più belli fra tutte le Mazurche, trova il suo momento più intenso nel tema espresso in si maggiore che sembra una vera e propria aspirazione verso la propria terra; il motivo, tormentato, porta poi dopo alcune varianti, a un nuovo tema appassionato ed energico. La Coda finale ripropone una parte del tema più malinconico e rievocativo, accentuandone il carattere nostalgico scrivendolo per un’ottava più bassa e portandolo poi ad affievolirsi a poco a poco.

Mazurca in sol diesis minore op. 33 n.1 Mazurca in re maggiore op.33 n.2

Le quattro Mazurche op.33, edite nel 1838, sono intese come lo specchio dell’anima ferita, (per la tacita fine del suo fidanzamento con Maria Wodzinska).

Della prima, in sol diesis minore, è noto il bisticcio per cui l’edizione francese indica come movimento “Presto”, mentre quella tedesca indica “Mesto”.

La seconda, in re maggiore, è fra quelle che si accostano maggiormente alla Mazur, una danza nazionale che prende il nome dai Mazuri, gli abitanti del Mazowsze, una regione della Polonia del nord. Tipico di questa danza è lo spostamento dell’accento forte dal primo al terzo quarto della battuta, che Chopin adotta lungo tutto il brano.

Mazurca in la minore op.59 n.1Mazurca in la maggiore op.59 n.2Mazurca in fa diesis minore op.59 n.3

Le tre Mazurke dell’op.59, composte nel 1845, appartengono agli ultimi anni della vita del compositore. Furono pubblicate da Stern & Co. a Berlino e da Wessel a Londra alla fine del 1845 e poi da Brandus a Parigi nel marzo del 1846. Un particolare curioso è che l’op.59 è l’unica raccolta di Mazurche pubblicata da Chopin durante la sua vita ad essere apparsa senza dedica. Anche le Mazurche testimoniano perfettamente quello «sviluppo coerente verso la massima complessità a partire dalla forma fondamentale che è estremamente semplice» individuato da Nietzsche nell’arte di Chopin: nell’op.59 il modello base (anche in questo caso una semplice forma A-B-A) viene arricchito dal musicista polacco con brevi sezioni di transizione, mentre il suo pianismo si colora di una fantasia armonica – specie nella n.3 – quasi visionaria.

Valzer in sol bemolle maggiore op.70 n.1

Il Valzer in sol bemolle maggiore op.70 n.1 fu composto nel 1832 e pubblicato postumo nel 1855. Lo “stile brillante” di questo Valzer riesce a catturare e a trasmettere la gioia e il luccichio delle sale da ballo e dei salotti dell’epoca.

Le melodie sinuose e gli ornamenti raffinati conferiscono al brano un carattere giocoso e leggero, pur mantenendo profondità emotiva. Il Valzer op.70 n.1 è un esempio di come Chopin riesca a fondere la tecnica pianistica con un profondo senso di espressività.

Valzer in la maggiore op.42 “Grande Valse”

Il Valzer op.42, composto nella primavera del 1840, fu pubblicato dapprima, con il titolo Grande Valse Nouvelle, in una antologia periodica dell’editore parigino Pacini, intitolata Cent-et-un Valtz (Centouno: probabilmente perché la collezione avrebbe dovuto comprendere centouno composizioni).

Di qui il titolo stravagante Cent-et-un Valtz con cui il Valzer fu pubblicato a Londra. Il Valzer op.42 è anch’esso in forma di collana di Valzer, ma reso più vivace dal continuo ritorno di un ritornello virtuosistico. Indicando con lettere i diversi episodi abbiamo questo schema: Introduzione A B C B D B E B A B D B Coda. Virtuosistico il Ritornello (B); distesamente melodici, con qualche capricciosa fioritura gli altri episodi; nell’episodio A troviamo una sovrapposizione di ritmi diversi. Tutto ciò basta a render varia e piacevolissima la composizione, che armonicamente è quasi sempre mantenuta nella tonalità principale.