con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
FRANZ JOSEPH HAYDN (1732 – 1809)
Sonata in mi bemolle maggiore XVI/49
Allegro
Adagio e cantabile
Finale. Tempo di Minuetto
ANATOLIJ KONSTANTINOVIČ LJADOV (1855 – 1914)
Da “3 Pezzi per pianoforte” op.11: n.1 Preludio in si minore
SERGEJ VASIL’EVIČ RACHMANINOV (1873 -1943)
Preludio in sol diesis minore op.32 n.12
Allegro
Da “12 Romanze” op.21: n.5 Lilacs
Preludio in sol minore op.23 n.5
Da “Moment Musicaux” op.16
n.3 in si minore
ALEKSANDR NIKOLAEVIČ SKRJABIN (1872 – 1915)
Studio in do diesis minore op.2 n.1
PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ (1840 – 1893)
Da “Le Stagioni” op.37a: Barcarola “Giugno”
Da “Album per la Gioventù” op.39: n.8 Valzer
Ha suonato con oltre 70 Orchestre di fama mondiale, tra cui London Philharmonic Orchestra alla Royal Albert Hall, Royal Scottish Orchestra, Orchestra dell’Opera di Galles, Deutsche Symphony Orchestra di Berlino, Royal Stockholm Philharmonic, le Orchestre della BBC e molte altre.
Ha collaborato con direttori quali Tugan Sokhiev, Edward Gardner, Cristian Mandeal, Andres Orozco Estrada e ha tenuto concerti alla Wigmore Hall di Londra, al Louvre di Parigi, al Concertgebouw di Amsterdam, al Palau di Barcellona, al Bunka Kaikan di Tokyo etc…
In Russia suona regolarmente con le principali Orchestre nazionali tenendo recital nelle più importanti sale, tra le quali il Conservatorio di Mosca e la Filarmonica di San Pietroburgo.
Ha condotto importanti tournée in Romania, eseguendo l’Integrale di Prokofiev ed Enescu per pianoforte e violino insieme ad Alexandru Tomescu. L’ultimo concerto di questa tournée, trasmesso da TVR 1 e TVR HD, è diventato un film, vincitore del Grand Prix al Simfest 2016.
È co-fondatore della Kunz Piano Academy a Brașov, Romania, dove organizza masterclass internazionali per giovani talenti. Insegna regolarmente in Conservatori e Università in tutto il mondo. È stato il primo pianista a utilizzare la tecnologia Yamaha Disklavier per tenere masterclass a distanza (Cina 2017).
Le sue registrazioni radiofoniche includono Concerti di Mozart, Beethoven, Čajkovskij e Rachmaninov con le più importanti Orchestre europee. Ha inoltre inciso numerosi album, tra cui It Takes Two to Tango con Yuri Medyanik, disponibile su tutte le piattaforme digitali.
Si è formato al Conservatorio Čajkovskij di Mosca e al Royal Northern College of Music di Manchester, diplomandosi con il massimo dei voti e una medaglia d’oro.
Ha vinto 14 primi premi in competizioni internazionali, tra cui il Grand Prix al Concorso Enescu e la medaglia d’oro al Concorso Paderewski. È stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio “Sviatoslav Richter” della Fondazione Rostropovich.
Ha collaborato con Sol Gabetta, Vilde Frang e Patricia Kopatchinskaja. Vincitore del prestigioso Festival di Verbier, è artista della Moscow Philharmonic Society e Global Artist Yamaha, titolo esclusivo che lo pone nell’élite mondiale dei professionisti della musica classica.
È ospite di “Serate Musicali” – Milano dal 2011.
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Nota di passaggio:
«Questa sera le “Serate Musicali” tornan “Serate – Pro Veritate”. Non sempre ciò è possibile. Stasera sì. Busoni non ci capirebbe. Nemmeno Paderewski (che lodava Moritz von Rosenthal, allievo di Liszt, che per stroncarlo si dovette ricorrere niente meno che a Brahms). Nemmeno Godowski, il super pedante, che tormentò a sangue il nostro Shura. Ci capirebbe Shura che diceva: «E forse noi siamo rimasti soli!». Anche Shura si sentirebbe meno solo. Alla ottava volta che le “Serate Musicali” invitano Kunz, E NON PER CASO, Kunz è già LEGGENDA? Fate voi!»
(H.F)
Sonata in mi bemolle maggiore XVI/49
La Sonata in mi bemolle maggiore n.49 è stata compiuta l’anno dopo la precedente per Marianne von Genzinger, cioè per tutt’altro tipo di destinatario: trattandosi nella fattispecie di una ‘dilettante’ di provata perizia strumentale, oltreché di un’amica a cui Haydn era legato da confidente affetto e da sincera stima per la sua sensibilità artistica. Tuttavia la composizione registra proprio per questo un allentarsi della lucidità intellettuale che è cifra suprema del magistero haydniano. Si intrecciano qui, necessariamente, due ordini di considerazioni: uno biografico, relativo alla situazione di Haydn all’epoca della stesura di questa Sonata; l’altro critico, attinente alla fisionomia stilistica della composizione, che è stata definita da William S. Newman come la più mozartiana delle sonate di Haydn. Il leggendario influsso di Mozart su Haydn è qui singolarmente esplicito. Né solo, come sostiene Rosemary Hughes, in termini di alleggerimento e semplificazione della scrittura pianistica (aggettivo, questo, ormai perfettamente legittimo: trattandosi della prima sonata esplicitamente riservata da Haydn al fortepiano).
Il patetico episodio in minore dell’Adagio centrale parafrasa infatti l’inizio della seconda parte della Fantasia in do minore (K.396), composta da Mozart otto anni prima. Ciò potrebbe sembrare inconciliabile con le acquisizioni dei più recenti studi sullo stile classico, che ridimensionano la mutua influenza di Haydn e Mozart a pura assonanza di prospettive stilistiche, se non restassero le lettere che Haydn inviò alla signora von Genzinger nel maggio-giugno 1790. Di esse sembrano soprattutto illuminanti due frammenti, il cui sfondo comune è la nostalgia con cui il musicista – bloccato a Esterhàz dal suo ufficio di Kapellmeister – guardava all’epoca all’ambiente viennese: «…passerà anche questo periodo e ne verrà uno in cui avrò il piacere inestimabile di sedere al cembalo accanto a Vostra Grazia e di udir suonare magistrali pezzi di Mozart e di baciarLe le mani per tutte queste cose meravigliose»; «Questa Sonata è completamente nuova ed è destinata per sempre a Vostra Grazia; ma è meraviglioso che proprio il suo ultimo pezzo contenga lo stesso Minuetto e Trio che Vostra Grazia mi ha richiesto nella Sua lettera. Già lo scorso anno avevo destinato questa Sonata a Vostra Grazia, ma l’Adagio l’ho portato a termine soltanto recentemente e proprio questo raccomando come il migliore. Esso vuol significare molte cose che, quando se ne presenterà l’occasione, Le analizzerò partitamente. È alquanto arduo, ma pieno di sentimento».
Lo spiccato carattere mozartiano dell’Adagio della Sonata n.49 può dunque spiegarsi in chiave di sublimazione artistica di un accorato sentimento personale, dove il ricordo di un ambiente umano e artistico cui Haydn non sa più rinunciare si esprime – affatto classicamente – attraverso il ricordo della musica che l’amica lontana soleva eseguirgli nella sua casa ospitale. In ogni caso il complesso nodo di nostalgie personali su cui queta Sonata ha preso lentamente forma è di per sé base di una così intima coerenza poetica, che non deve stupire se ad essa non corrisponde anche una rigorosa coesività formale. E se, anzi, Haydn deroga qui in maniera vistosa alle stesse regole tradizionali del ciclo di sonata.
La Sonata n.49, infatti, si apre con un Allegro in forma-sonata che sublima la norma in una sorta di rivisitazione delle nostalgie del musicista (si veda la grazia un po’ stanca del primo tema; l’ansia di canto del secondo; gli indugi attoniti della coda dell’esposizione e dell’ultima parte dello sviluppo, che Beethoven riprenderà letteralmente nel primo tempo dell’Appassionata), ma si chiude con un esteso Minuetto che, se risponde a un espresso desiderio della dedicataria, è in realtà il tipo di finale meno adeguato a una Sonata già costituita da due movimenti in ritmo ternario.
Da “3 Pezzi per pianoforte” op.11: n.1 Preludio in si minore
Composto nel 1885 il Preludio in si minore op.11 n.1 incarna un lirismo malinconico tipico del tardo Romanticismo, pur mantenendo una struttura chiara e contenuta. La tonalità di si minore crea fin dall’inizio un’atmosfera velata, carica di introspezione. La scrittura pianistica dimostra l’abilità di Ljadov nel bilanciare melodie delicate con un accompagnamento armonico ricco ma mai invadente. Il brano sviluppa un discorso musicale lineare, caratterizzato da un’espressività intensa ma controllata che richiede all’interprete grande sensibilità nel fraseggio e un tocco accurato. Pur nella sua brevità, il Preludio passa da momenti di sommessa meditazione a intense climax. Il Preludio si chiude in dissolvenza, come se il brano continuasse a risuonare nell’aria.
Preludio in sol diesis minore op.32 n.12
Sulle orme dei Preludi di Chopin, quelli di Rachmaninov si differenziano per le dimensioni spesso più vaste oltre che per un ordine tonale più libero. L’insieme dei Preludi – ventiquattro in tutto – si compone di una pièce isolata, l’op.3 n.2, di dieci Preludi op.23 composti tra il 1901 e il 1903 e di tredici dell’op.32 datati 1910. Il Preludio n.12 dell’op.32, Allegro in sol diesis minore è uno dei Preludi più notevoli per finezza di tessitura pianistica e qualità di invenzione melodica. I registri sono principalmente il medio e l’acuto.
Da “12 Romanze” op.21: n.5 Lilacs
Composta nel 1902, appartiene al corpo di altre dieci composizioni per voce e pianoforte pubblicate da Guthiel nel dicembre 1902. Rachmaninov nell’aprile di quell’anno aveva sposato Nathalie Satin e aveva composto questa raccolta in gran parte per pagare la loro luna di miele. Nel giugno Rachmaninov scrisse al suo amico Nikita Morozov: «queste canzoni sono state scritte in fretta e non sono molto curate ma le lascerò così, non avendo il tempo di rimaneggiarle ulteriormente. Vorrei terminare questo lavoro entro il 1° luglio, affinché possa dedicarmi a qualcosa di nuovo».
La poesia è di Ekatrina Beketova, poetessa russa del XVIII secolo, e descrive mazzi di fiori lillà come «luoghi dove vive la felicità». Infatti l’impostazione di Rachmaninov è solare, un bel contrasto con la malinconia meditabonda che segna la sua musica vocale del 1890. Lilacs divenne rapidamente popolare. La prima registrazione del brano sembra essere stata fatta attorno al 1921 dal russo basso-baritono Dmitri Smirnoff, con un giovane Gerald Moore come accompagnatore. Intorno al 1908 Rachmaninov iniziò a ricevere mazzi di lillà ai suoi concerti da un ammiratore anonimo.
I lillà arrivavano a ogni concerto in tutto il mondo fino al 1918. Quell’anno Madame Felka Rousseau dalla Russia si qualificò come donatore misterioso, chiedendo al compositore come mai non fosse più tornato in Russia. Ma Rachmaninov rispose che non sarebbe più tornato fino a quando la situazione politica non fosse mutata. Poco dopo i lillà smisero di arrivare. Lilacs è uno degli unici due brani che Rachmaninov ha trascritto per pianoforte, usandolo spesso come bis. Lo ha registrato tre volte: per la Victor nel 1920, con un piano roll Ampico sempre nel 1920 e per l’ultima volta nella sua ultima registrazione, svoltasi presso lo studio RCA a Hollywood, il 6 febbraio 1942. Quest’ultima versione è stata pubblicata solo molto tempo dopo la sua morte.
Preludio in sol minore op.23 n.5
É il Preludio più popolare, insieme a quello in do diesis minore op.3. La forma è un ABA. La parte A è ritmata da accordi martellanti. La parte B offre un contrasto totale – con un canto vagamente tinto di esotismo; gli arpeggi dell’accompagnamento fanno nascere ben presto una rete di controcanti. Il ritorno dei ritmi e delle formule della parte A evolve verso una tensione dinamica accresciuta, fino a una conclusione rapida e laconica, in mezzi toni.
Da “Moment Musicaux” op.16: n.3 in si minore
I «Momenti Musicali» sono del 1896 e segnano una svolta evolutiva nella produzione di Rachmaninov, quasi messaggeri di più fortunate creazioni (come i Preludi, o gli Etudes-Tableaux). Perché schubertianamente detti «Momenti Musicali»? Quali i rapporti intrattenuti con la tragica ombra di Franz? Eseguendo Schubert, Rachmaninov sollevava tempeste (che avrebbero forse atterrito l’autore, che non vi era per nulla abituato). Anzi, forse Schubert, a sentire la propria reincarnazione, si sarebbe spaventato ancora di più, di quanto già non si spaventassero i vedovi e orfani di Chopin, quando a Parigi apparve Anton Rubinstein, come leone ruggente, minacciando di suonare Chopin (come poi fece, tra la costernazione dei puristi). Non per nulla Rachmaninov passò come erede di Anton Rubinstein (né se ne dolse affatto) e non fu meno di questi un interprete gigantesco. N.3. Andante cantabile in si minore, è il più popolare delle serie e anche forse il meno arduo. Tema in terze, con densa armonizzazione.
Studio in do diesis minore op.2 n.1
Composto nel 1887, quando Skrjabin aveva solo 16 anni, questo Studio è in tempo di 3/4. La melodia è commovente e mostra molte caratteristiche della musica gitana russa. È accompagnato da accordi ripetuti, con ricche armonie, voci interiori e ampie espansioni nella mano sinistra. Le dinamiche del brano sono costantemente differenti per mostrare emozione e passione. Lo Studio presenta molti cambiamenti di chiave ma alla fine si conclude con la chiave originale. Sebbene sia lento e cupo come molti altri Studi, è considerevolmente difficile da eseguire nonostante la assai breve durata.
Da “Le Stagioni” op.37a: Barcarola “Giugno”
Nel passato i giornali e le riviste fornivano maggiori servizi sul piano culturale, basti pensare alla nascita delle Stagioni di Čajkovskij! Nikolaj Bernard, caporedattore di un mensile dal nome squisitamente letterario, «Nuvellist», diede incarico al compositore di scrivere 12 Pezzi per pianoforte, con l’impegno di diffonderli in edicola a ogni numero della pubblicazione. Fu così che i lettori di San Pietroburgo, acquistando una copia della rivista fra il gennaio e il dicembre del 1876, potevano trovarsi fra le mani uno spartito e alla fine dell’anno far rilegare il tutto, ottenendo un curioso esempio di almanacco musicale o di calendario per tastiera, secondo i gusti della musica da salotto. La leggenda, secondo la quale Čajkovskij avrebbe dato poca importanza al tipo di commissione, dando addirittura incarico al proprio domestico (l’amato Alexis Sofronov) di ricordargli puntualmente l’incombenza, sembra assolutamente destituita di ogni fondamento.
Lo testimonia il fatto che gli ultimi sette numeri furono composti simultaneamente, nel maggio di quell’anno, prima della partenza per un viaggio all’estero. Logico che con un titolo del genere, su ogni pezzo incombesse una moltitudine di riferimenti bozzettistici, legati al periodo dell’anno, al tipo di festività e ai vari, ciclici, accadimenti stagionali: lo scoppiettare della legna sul fuoco (Gennaio), l’atmosfera festosa del Carnevale (Febbraio), il verso melodioso delle allodole (Aprile), la piena luminosità delle notti bianche d’estate (Maggio), via via fino al risuonare dei corni da caccia (Settembre) e alle sfumature ingiallite dei giardini autunnali (Ottobre).
Ciascuno di questi brani, con un trattamento squisito dei parametri armonici e un profilo unico della melodia, recava in testa una breve citazione letteraria tratta da scrittori russi più o meno noti (Pushkin, Vjazemskij, Majkov, Nekrasov), oltre a uno specifico riferimento-guida. Giugno, Barcarola- Andante cantabile in sol minore, è il più noto brano della raccolta, un capolavoro che fece il giro del mondo, testimonianza d’un impagabile genio melodico e di una mai smentita melanconia; Più che Barcarola è Elegia, con effetti di eco e di controcanto soprattutto nella ripresa.
Da “Album per la Gioventù” op.39: n.8 Valzer
Raccolta di 24 piccoli pezzi composti a Kamenka, in Ucraina, tra il maggio e il luglio del 1878. Seguono di poco la Seconda Sonata. «Io voglio fare una serie di piccoli pezzi molto facili con un titolo che ricordi i bambini, come Schumann» scriveva Čajkovskij a Nadejda von Meck. L’Album per l’infanzia fu dedicato dal compositore a suo nipote Vladimir Davydov («Bob»), figlio della sorella. Questi piccoli pezzi restano di un incontestabile valore pedagogico per i pianisti in erba e sono ogni giorno sempre più popolari. Alcuni sembrano palesemente ricalcati da Schumann (Il piccolo cavaliere), altri utilizzano temi popolari russi (Canzone russa), italiani (Canzone napoletana, Canzone italiana), o francesi (Vecchia canzone francese).