con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
«Tra canto e danze antiche…»
JOHANN SEBASTIAN BACH (1685 – 1750)
Concerto per clavicembalo BWV 1056
Allegro
Largo
Presto
ROBERTO DI MARINO (1956)
Harpsichord Concerto (prima esecuzione milanese)
Allegro moderato
Largo
Allegro
MASSIMO RAVAZZIN (1951)
Suite “Raffaello” (prima esecuzione assoluta)
Pavana
Danza antica
Concertato su Arboro son
DOMENICO CIMAROSA (1749 – 1801)
(nel 275° anniversario della nascita)
“Il Maestro di Cappella”, Intermezzo comico in un atto
in collaborazione con
Denominazione rappresentativa di quel territorio transregionale e transnazionale compreso tra i grandi laghi dell’Italia nordoccidentale, nasce dall’idea di creare un gruppo di giovani strumentisti, guidati da prime parti che hanno già lavorato insieme in quintetto oltre che in prestigiose orchestre italiane, con i quali poter collaborare stabilmente al fine di realizzare quella compattezza timbrica ed esecutiva, raggiungibile solo con la continuità operativa e la condivisa visione di ricerca, utile a ottenere esecuzioni pregevoli nell’ambito di un ampio repertorio sinfonico-cameristico.
Questa genesi peculiare garantisce alla compagine una coesione non comune e un particolare stile esecutivo impreziosito dall’utilizzo di edizioni filologicamente attendibili e, ove possibile, addirittura storiche, nonché dalla presenza costante dello stesso Direttore musicale, Giorgio Rodolfo Marini, che segue in prima persona tutti i progetti delle produzioni artistiche e con cui sono state realizzate anche prime esecuzioni di importanti compositori italiani contemporanei, tra cui Davide Remigio, Andreina Costantini, Massimo Ravazzin, Roberto Molinelli. L’Orchestra da qualche anno è ospite del “Perosi Festival” di Tortona e della rassegna “Reviviscenze Musicali”, per la quale il 30 maggio 2020 ha realizzato il primo Concerto in Italia di un’Orchestra in presenza dopo il lockdown trasmesso in diretta streaming con grande successo di visualizzazioni, dal 2022 è stabilmente presente nel cartellone milanese di “Serate Musicali” e recentemente è stata protagonista del Concerto inaugurale di “Bresciasuona” 2023.
Ha collaborato con solisti tra i quali Carlo Levi Minzi, Bruno Canino, Davide Alogna, Anna Serova, Giulio Tampalini e lavora con il supporto della “Fondazione JUPITER” che promuove eventi musicali e artistici in Italia e all’estero con specifica attenzione alla Regione Lombardia della quale ha recentemente ottenuto il riconoscimento ufficiale. Dal maggio scorso è membro della Comunità di Lavoro “Regio Insubrica” per la promozione della cooperazione e dell’integrazione transfrontaliera.
Violini I | Violini II | Viole |
Sara Sternieri ** Ilze Circene Alberto Intrieri Irene Maggio Andrea Pellegrini Martina Boschetti | Matteo Andreoli * Veronica Gigli Tiziana Furci Enrico Maria Guidi Virginia Maglio Elisabetta Danelli | Giuseppe Miglioli * Letizia Ricciardi Mattia Tallarini Defne Sönmez |
Violoncelli | Contrabbassi | Flauti |
Francesco Dessy * Annamaria Bernadette Cristian Kateryna Bannik Caterina Vannoni | Piermario Murelli * Davide Sorbello | Marco Rainelli * Luca Marconi Giulia Lozza |
Oboi | Fagotto | Corni |
Antonio Palumbo (I corno ing.) Matteo Moretti Siria Domeniconi | Michele Colombo | Tommaso Ruspa * Lorenza Cimma |
Percussioni | Arpa | |
Biagio Carlomagno | Elena Spotti | |
*Prime Parti | **Spalla |
Diplomata in pianoforte all’Accademia di Musica di Gnessin, ha intrapreso gli studi post-laurea in organo e clavicembalo al Conservatorio di Stato di Kazan ed è stata organista al “Brabant Konservatorium” in Olanda. Nel 1992 ha ricevuto il Diploma del Festival Internazionale “Northern Palmira” e, nel 1996, ha vinto il Primo Premio al Concorso Organistico Internazionale. Le sue trascrizioni dei “Quadri di un’esposizione” di Mussorgsky, de “Le Quattro Stagioni” di Vivaldi e della Sinfonia in re minore di Franck, sono eseguite in tutto il mondo.
Ha suonato nelle più importanti Sale da concerto e Cattedrali del Mondo: Conservatorio di Mosca; Teatro Mariinsky, Filarmonica Shostakovich e Cappella Glinka a San Pietroburgo; Sala Smetana a Praga; “Notre-Dame” di Parigi; Cattedrale “Saint Michel” di Bruxelles; Cattedrale “Saint Stephan” di Vienna; Cattedrale di Graz; Chiesa “Saint Tomas” di New York; Cattedrale “San Fernando” a San Antonio (USA), etc… Ha una delle discografie più estese per organo, pianoforte e clavicembalo. Il suo repertorio tocca Bach, Mozart, Schubert, Brahms, Ciaikovski, per arrivare a Rachmaninov Shostakovich, Prokofiev, Schnittke, Garetsky, etc…
È ospite per la prima volta di Serate Musicali – Milano.
Baritono di origine romana, ha studiato con Carlo Bergonzi nell’ambito del Concorso Voci Verdiane di Busseto. Giovanissimo, ha vinto concorsi internazionali tra i quali: Zonta di Ercolano, Concorso Voci Verdiane di Busseto, Concorso Internazionale di Camerino, Concorso Internazionale Rosetum “Puccini e il suo tempo”, nonché il premio assoluto degli Amici della Scala conferitogli dall’Associazione dei Loggionisti Scaligeri. Ha debuttato, appena ventitreenne, ne “La Forza del Destino” a Busseto, sotto la direzione di Gandolfi nella parte di Don Carlos. Da allora ha cantato nei più importanti teatri d’Italia e all’estero prediligendo ruoli in ambito verdiano e belcantista non disdegnando comunque la frequentazione delle opere del ‘900. Marco Chingari vanta inoltre la partecipazione a numerosissimi concerti lirici e l’esecuzione di brani del repertorio sacro presso il Duomo di Bergamo per il Festival di Pasqua, alla presenza dell’On. Roberto Formigoni; La Messa per la Morte di Rossini al Teatro Bellini di Catania; il Requiem di Faurè a Roma e Cabiria all’Opera di Roma. Ha collaborato e collabora con direttori quali Muti, Maazel, Gandolfi, Arena, Barbacini, Saccani, Palombo, Armiliato, Oren, Callegari, Carminati, Bartoletti, Steffens, Soltesz e registi quali: Marelli, Zeffirelli, Puecher, Cavani, Colonnello, Vizioli e Pizzi. Ha all’attivo un’ampia attività discografica.
Il Caffé Zimmermann di Lipsia serviva una bevanda vista, a quei tempi, con sospetto: il caffè. Introdotto in Europa da non molto, era in sospetto di sostanza “dopante”. Bach padre ci scrisse sopra una Cantata la cui protagonista deve disputare, col padre, il proprio ricorso alla bevanda stimolante. Di caffè, Johann Sebastian, ne beveva parecchi, soprattutto quando, al Caffé Zimmermann, intratteneva i clienti insieme a tre dei suoi figli, tutti destinati a divenire musicisti illustri e uno, Wilhelm Friedmann, anche un pazzo famoso, celebrato da Hoffmann in “Vita e opinioni del gatto Mur”.
Il Concerto per clavicembalo BWV 1056 nasce proprio da queste serate lipsiensi. Strutturato nei canonici tre movimenti “importati” dal Concerto Grosso veneziano, apre – nella sua alternanza di un gioco a specchio tra ritmi incisivi e progressioni armoniche (“Allegro”); melodia melodrammatica italiana articolata in due sezioni (“Largo”) e frenetica Invenzione toccatistica, trionfo delle varianti minime, del “Presto” finale – il tema di questa serata: la Parodia. Ne esiste, infatti, una versione per tastiera e una per violino; inoltre, il suo materiale deriva da composizioni strumentali altre. Bach padre lo faceva spesso. Il suo artigianato era un corteo di maschere da lui indossate con la noncuranza di un genio-mimo: l’occhio giudicante dell’intera Tradizione barocca.
Nel Maestro di cappella, la parodia cimarosiana è ben diversa. Sul solco di composizioni come “Prima la musica, poi le parole” di Salieri e anticipando “Le convenienze e inconvenienze teatrali” di Donizetti, il sempre affannato, bulimico di musica e sensi, compositore tanto amato in Russia, getta la sua lente deformante sui tanti concertatori improvvisati nelle cui fauci l’opera sua veniva tritata e resa caricatura di se stessa. Esilarante, in particolare, il modo in cui il tronfio direttore d’orchestra canterella, stonando e berciando, i passaggi che vorrebbe rifiniti; oppure il suo astio verso quello strumento del quale Toscanini diceva «morirò senza aver capito due cose: le donne e l’intonazione dei contrabbassi». Non per scrupolo, ma perché è l’unico strumento del quale il suo fallace udito sa riconoscere, “a pelle”, le pecche… Il modello cui si ispira Cimarosa è l’immortale “Il teatro alla moda di Benedetto Marcello”, furioso Simun (vento forte, secco e polveroso che soffia nel Sahara, in Algeria, in Israele, in Giordania, in Siria e nel deserto arabo – ndr) dal vortice distruttivo, da allora e per sempre, abbattutosi sulla faciloneria del teatro musicale.
Lo stile musicale di questo Intermezzo comico è lontanissimo dalla continuità, coerenza, delle forme in uso nel Melodramma. Pare, semmai, un Musical, per il continuo mutar di tono e carattere, a mano a mano che l’oggetto della parodia cambia secondo l’evolversi dell’insofferenza, musa ispiratrice del compositore.Tra le possibilità della Parodia, c’è anche l’omaggio. Nel Concerto per clavicembalo di Roberto di Marino, il Primo Movimento imita una delle forme più consentanee a Bach padre: l’Invenzione a due voci. Il tono di un dialogo i cui due interlocutori conversino usando meet, ma con una rete non efficiente (da cui una leggera, intelligente sfasatura che sposta per sempre in avanti la percezione del tempo) prepara la ripresa, nel “Largo” successivo, di uno stilema che riassume in sé tutto il Barocco musicale: il basso continuo.
Su questo nastro, questa volta indefettibile, del tempo, si sviluppa una parodia ulteriore: le Suite di danza francesi, con la loro ossessione per le figure musicali “puntate”; scansione ossessiva, eppure capace di liberare ogni variante possibile del tema. Dopo un’elaborata Cadenza, il movimento finale ricorre a una terza parodia: quella dei Cori spezzati che pervadono la musica sacra barocca. Tutto, qui, si risponde “in eco”, secondo quei contrappunti per echi e risonanze che la scuola veneziana, dai Gabrieli a Monteverdi, mise a punto nella Basilica di San Marco. Roberto de Marino assimila il tutto e lo ripropone secondo una sensibilità contemporanea. Non c’è in lui altro intento che quello da cui fu animato Bach padre, nelle sue parodie.
Con la Suite “Raffaello” di Massimo Ravazzin, nata come Musica di Scena, veniamo alla sorgente stessa di tutte queste musiche: il Rinascimento illustrato da Castiglione ne Il cortegiano. Nella “Pavana” introduttiva, il tema che connota la sensibilità umbratile, apollinea del pittore, si svolge su di una danza destinata a ossessionare i compositori del Novecento (come dimenticare la Pavane pour une infante défunte di Ravel?): emblema di un mondo perduto e rimpianto. La “Danza antica” ci porta fuori dalle Corti, riepilogando le movenze delle tradizioni popolari. La musica occidentale è nata lungo le vie dei pellegrini: la loro memoria dei riti e le musiche incontrate nel loro cammino.
Il tema di Raffaello, linea che corre sotto l’intera composizione, diventa qui occasione a evocazioni en plein air. “Arboro son” riprende una melodia che cita i versi di Dante, nel punto della Divina Commedia dove, per alludere alla brevità della giovinezza, descrive la metafora di un albero che, in autunno, perde le foglie. Raffaello la dovette certamente conoscere da Isabella d’Este, intenta a portare nelle corti – dunque, anche a Urbino – la sua utopia di una musica che sapesse unire in sé, tutte le arti.
Questo concerto delle parodie ci appare, in fondo al nostro percorso, anche il concerto delle utopie: quelle di un ritrovato equilibrio tra uomo e natura, Storia e divenire futuro, nel mentre la nostra epoca, perdendo il suo passato, non riesce a ideare i tratti di un Umanesimo nuovo: una rinnovata civiltà dei sentimenti.
Alessandro Zignani