con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
FRYDERYK CHOPIN (1810 – 1849)
Improvviso op.29 in la bemolle maggiore
Allegro assai, quasi presto
Improvviso op.36 in fa diesis maggiore
Andantino
12 Studi op.10
n.1 in do maggiore
n.2 in la minore
n.3 mi maggiore
n.4 in do diesis minore
n.5 sol bemolle maggiore
n.6 in mi bemolle minore
n.7 in do maggiore
n.8 in fa maggiore
n.9 in fa minore
n.10 in la bemolle maggiore
n.11 in mi bemolle maggiore
n.12 in do minore
Improvviso op.51 in sol bemolle maggiore
Vivace
12 Studi op.25
n.1 in la bemolle maggiore
n.2 in fa minore
n.3 in fa maggiore
n.4 in la minore
n.5 in mi minore
n.6 in sol diesis minore
n.7 in do diesis minore
n.8 in do bemolle maggiore
n.9 in sol bemolle maggiore
n.10 in si minore
n.11 in la minore
n.12 in do minore
Nato da madre italiana e padre persiano, ha iniziato a suonare il pianoforte a poco più di un anno e ha tenuto le sue prime esibizioni a tre anni, suonando in tutto il mondo.
Vincitore di premi nei principali Concorsi, si è esibito con: Orchestra del Teatro Mariinskij, Boston Philharmonic, Orchestra Sinfonica di Milano G.Verdi, Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, Israel Camerata Orchestra, Wu Han Philharmonic Orchestra e Lithuanian Chamber Orchestra, etc…
È apparso nei più importanti Festival in Europa, USA e America Meridionale.
In formazione cameristica collabora spesso il Quartetto Takács. É apparso in film come “Franz Liszt: The Pilgrimage Years” (RAI – TV italiana) e “Virtuosity” (Cliburn / PBS); è spesso ospite di numerose trasmissioni dal vivo di radio europee. Nel 2021 ha inaugurato la propria etichetta discografica, AERAS Music Group, con la quale ha pubblicato le Variazioni Goldberg di Bach e un album di opere di Liszt. Di prossima pubblicazione l’Integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Beethoven e un album con le Sonate di Mozart e di Schubert. Deljavan ha una discografia di oltre 60 album: l’Integrale dei Valzer, degli Studi e delle Mazurche di Chopin, l’Integrale delle Opere per pianoforte e archi di Taneyev, le Opere complete per pianoforte di Hahn, le Sonate complete per violino di Grieg, le Opere complete per pianoforte e violoncello di Martucci, le Opere per pianoforte di Schumann, di Bach tutti i Piccoli Preludi e le Sette Toccate, un doppio CD di Opere di Mompou e l’Integrale dei Pezzi lirici di Grieg.
Si è diplomato al Conservatorio di Musica Giuseppe Verdi di Milano e all’Istituto Gaetano Braga di Teramo.
Ha frequentato l’Accademia Pianistica Internazionale del Lago di Como con Naboré. Inoltre ha partecipato a corsi presso il Mozarteum di Salisburgo, il Festival delle Nazioni di Città di Castello e la Fondazione Ottorino Respighi sull’Isola di San Giorgio, Venezia, Italia.
Tra i suoi insegnanti: Valentina Chiola, Piotr Lachert, Ricardo Risaliti, Enrico Belli, Eugenio Bagnoli, Lazar Berman, William Grant Naboré, Dimitri Bashkirov, Laurent Boullet, Fou Ts’ong, Dominique Merlet, John Perry, Menahem Pressler, Claude Frank, Richard Goode e Andreas Staier.
Attualmente è Direttore Artistico della scuola Opera Master di Crecchio fondata nel 2021 e docente di pianoforte presso il Conservatorio di Musica U. Giordano di Rodi Garganico.
È ospite per la seconda volta di Serate Musicali – Milano.
Improvviso op.29 in la bemolle maggiore
Gli Improvvisi di Chopin sono considerati brani d’intrattenimento nell’ambito della musica da salotto, così diffusa e praticata nella consuetudine pianistica ottocentesca. Il più famoso compositore di Improvvisi fu Schubert, ma ci furono anche altri musicisti come Kessler, Tomaschek e Vorzischek che coltivarono questa forma musicale a base ternaria, basata su disegni agili e vivaci nei tempi estremi e su aperture liriche nelle parti mediane. Ciò che conta però in questo tipo di composizione è l’immediatezza e la freschezza dell’invenzione e la capacità di elaborare un’improvvisazione su un determinato tema. Che poi in realtà non si tratta di improvvisazione nel senso comune del termine, ma di uno studio ben calcolato di frasi e schegge sonore che sembrano dettate da un moto spontaneo dell’animo.
Dedicato a M.lle la Comtesse Caroline de Lobau, l’Improvviso op.29 in la bemolle maggiore, composto nel 1837, è costruito in tre sezioni: esposizione e sviluppo del primo tema, esposizione e sviluppo del secondo tema, riesposizione e nuovo sviluppo del primo tema. Armonia e colori mutevoli sono alla base della scrittura pianistica di questo primo Improvviso, che viene definito un gioiello di ingegneria musicale per il modo come i vari elementi della struttura sono collegati fra di loro, nel contesto di un superiore equilibrio formale. Il tempo è un Allegro assai, quasi presto.
Improvviso op.36 in fa diesis maggiore
L’Improvviso op.36, che è senza dedica, è diviso in tre movimenti che sono più che altro la proiezione di tre situazioni psicologiche diverse, ma non contrastanti. L’Allegretto iniziale è timbricamente molto vario e assume nella chiusura dell’episodio la forma di un corale armonizzato; la seconda parte è un tempo di marcia, mentre la terza, nella tonalità di fa maggiore, ubbidisce a una scrittura contrappuntistica ricca di brillanti figurazioni pianistiche che fanno pensare ad uno studio di agilità virtuosistica.
12 Studi op.10
Quando Chopin giunse a Parigi, alla fine del settembre 1831, aveva probabilmente già quasi completato una serie di Studi pianistici che sarebbero poi stati presto pubblicati (per Schlesinger, nel 1833) come Studi per pianoforte op.10. L’intenzione era quella di ottenere una fusione tra virtuosismo ed espressività poetica, tra tecnica e arte. Emblematicamente gli Studi vennero dedicati a Franz Liszt, amico di Chopin e autore a sua volta di altre importanti serie pianistiche. Ulteriore termine di confronto veniva da Paganini, che andava infiammando le platee d’Europa con le sue funamboliche esibizioni violinistiche. L’idea era quella di trasferire le scoperte tecniche di uno strumento duttile quanto il violino al pianoforte ricercandone le infinite possibilità, le intrinseche capacità tecniche e musicali.
L’esito dell’uscita dell’op.10 fu un successo; la novità che si sprigionava da questa raccolta conquistò subito i favori del pubblico e degli esperti. Lo stesso Liszt, onorato per la dedica attribuitagli, si ritirò per qualche tempo in modo da studiarli a fondo; quando ricomparve in pubblico, dimostrò di padroneggiare così bene la raccolta da strappare a Chopin l’ammirata affermazione: «Vorrei proprio rubargli il modo di eseguire i miei Studi». La struttura di questi brani brevi, concisi, ripercorre il classico schema tripartito: a un primo spunto tematico che propone un determinato problema tecnico-pianistico fa seguito una zona di elaborazione delle idee precedenti o anche un vero e proprio secondo motivo; il ritorno della prima idea conclude il brano, spesso esteso a una sezione di Coda.
La scelta dello Studio è originata dall’intento di risoluzione di una determinata finalità didattica: la figurazione difficile di cui il pianista deve impadronirsi viene ripetuta, sottoposta a eventuali varianti, trasportata in varie tonalità così da farla divenire cangiante all’ascolto e a un tempo permettere l’uso di tutta una serie di accorgimenti tecnici della mano. Per evitare ogni fraintendimento, fu Chopin stesso a segnare di suo pugno nella bozza di stampa ben cinquecento indicazioni di diteggiatura. La raccolta si conclude con lo Studio n.12 in do minore meglio noto come «La caduta di Varsavia». Il biografo Karasowski narra che lo Studio nacque di getto, come segno di drammatica ribellione quando Chopin, trovatosi a Stoccarda, seppe della violenta presa della capitale polacca da parte delle truppe zariste (settembre 1831) e del conseguente fallimento dei moti nazionalistici in cui lui stesso aveva creduto e riposto speranze.
Sopra un turbinoso, incalzante movimento di semicrome ascendenti e discendenti della mano sinistra si staglia al canto un tema dolente ma perentorio, «eroico», fatto di enfatiche e lapidarie sentenze; l’ambientazione armonica cupa e tempestosa rimanda con l’immaginazione a eventi tragici, ma soprattutto la musica riflette uno stato d’animo, il moto interiore di un uomo avvilito, eppure non vinto. Circa vent’anni dopo, nel 1848, Chopin così scriveva a Julian Fontana a New York, dimostrando di non aver mai perso il proprio credo nazionale: «Il Moscovita avrà del buon filo da torcere quando dovrà marciare contro il Prussiano… Dovranno necessariamente verificarsi cose terribili, ma alla fine ci sarà una Polonia grande e gloriosa, in una parola “La Polonia”».
Improvviso op.51 in sol bemolle maggiore
L’Improvviso op.51, dedicato alla contessa Esterhazy, ha l’andamento di uno Studio e svolge una frastagliata e tormentata linea di «terzine» assai poco inclini ad abbandoni melodici, sobriamente affioranti nel Sostenuto centrale. La ripresa del groviglio cromatico, sottilmente dipanato, porta il brano a una rintoccante, morbida conclusione.
12 Studi op.25
Come scrisse il musicologo Charles Rosen: «Nell’op.25 Chopin dispone la serie perché funzioni come un tutt’uno: ogni Studio successivo sembra sgorgare direttamente dal precedente. La tonalità di ciascuno è strettamente connessa a quella del seguente, con l’eccezione degli ultimi due in cui questo disegno si disgrega. In alcune occasioni, è impressionante il modo in cui la conclusione di uno Studio dà l’impressione di preparare l’attacco del successivo». Negli Studi di Chopin, pagine chiave nella storia dell’evoluzione del linguaggio pianistico, la difficoltà tecnica e lo sforzo e la fatica necessari al suo superamento diventano manifestazione esteriore di una tensione e una sofferenza interiori. Ma al di là della tecnica e del virtuosismo puri, questi Studi si rivelano, anche grazie a diteggiature spesso ardite e sempre originali, straordinari saggi di ricerca sul timbro (l’op.25 n.1 e n.6), sul tocco (op.25 n.4 e n.5), sull’indipendenza ritmica (op.25 n.2). La struttura tipica di questi Studi è quella basata su un’unica idea tematica o figurazione musicale e quindi su un’unica difficoltà tecnica (arpeggi, op.25 n.1; terze, op.25 n.6; seste, op.25 n.8…), che viene esposta inizialmente nella tonalità principale, poi trasportata in altre tonalità e infine ripresa nella tonalità d’impianto, ma in forma abbreviata e con un’eventuale Coda.
Nell’op.25 Chopin abbandona questa struttura solamente in due casi, costruiti nella tipica forma tripartita di canzone A-B-A’, in cui nella parte centrale si assiste alla comparsa di nuovo materiale tematico e a un cambiamento di tempo: ciò avviene nello Studio n.5 in mi minore e nello Studio n.10 in si minore che, non a caso, sono i due brani più ampi della raccolta, gli unici a superare le 100 battute. Comunque, tutti e dodici sono pezzi brevi e talvolta brevissimi, con delle durate oscillanti fra il minuto circa dello Studio n.8 in re bemolle maggiore, che conta appena 36 battute e i quattro minuti e mezzo-cinque dello Studio n.7 in do diesis minore.