con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
«I GIOVANI INTERPRETI»
PROGRAMMA
WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756 -1791)
Sonata in la minore K.310 (1778)
Allegro maestoso
Andante cantabile con espressione
Presto
FRYDERYK CHOPIN (1810 – 1849)
Ballata n.2 in fa maggiore op.38 (dedicata a Robert Schumann)
Andantino
Presto con fuoco
Agitato
Preludio in do diesis minore op.45
Sostenuto
Polacca – Fantasia in la bemolle maggiore op.61
Allegro maestoso
CHARLES-VALENTIN ALKAN (1813 -1888)
Concerto per pianoforte solo op.39 n.8 (1857)
Allegro assai
É la grande scoperta del XV° Concorso Ciaikovski di Mosca del 2015. Il suo dono straordinario, la sua visione artistica e la sua libertà creativa, si sono distinte al punto tale da valergli il Premio dell’Associazione dei Critici di Mosca. É ospite regolare dei palcoscenici più importanti del mondo come Philharmonie di Berlino, Congertgebouw di Amsterdam, Konzerthaus di Vienna, Théâtre des Champs Elysées e Philharmonie di Parigi, Wigmore Hall e Royal Festival Hall di Londra, Alte Oper di Francoforte, Philharmonie di Colonia, Suntory Hall di Tokyo, le sale da concerto di Pechino, Shanghai, Taipei, Seoul e naturalmente la Sala Grande del Conservatorio Ciaikovski di Mosca, il Mariinsky di San Pietroburgo e Carnegie Hall a New York. Tra i festival con cui collabora assiduamente ci sono il Festival de la Roque d’Anthéron e il Festival di Verbier.
Tra i direttori con cui ha collaborato ci sono Gergiev, Pletnev, Jurowski, Boreyko, Sado, Sokhiev, Spivakov, Norrington e de Billy, mentre tra le orchestre figurano la London Philharmonic, Toronto Symphony, Warsaw Philharmonic, Orchestre National de France e Orchestre Philharmonique de Radio France, State Philharmonic Orchestra di Amburgo, Deutsche Kammerphilharmonie di Brema, Netherlands Philharmonic, Mariinsky Orchestra, Russian National Orchestra e Yomiuri Nippon Symphony Orchestra Tokyo.
Molto attivo in ambito cameristico, vanta importanti collaborazioni con Kremer, Jansen e Fröst. Nato nel 1990, intraprende un percorso musicale per nulla convenzionale. Avendo scoperto la musica classica solo all’età di 10 anni, comincia a nutrire la sua passione e la sua curiosità con diverse esperienze artistiche e intellettuali che includono studi avanzati di letteratura e filosofia. Poi, l’incontro con Rena Shereshevskaya segna la svolta: la visione e la guida di colei che diventerà la sua insegnante di pianoforte diventano ispirazione e trasformano l’amore per la musica in impegno professionale.
Debargue trae ispirazione per il suo fare musica dalla letteratura, dalla pittura, dal cinema, dal jazz e da una ricerca molto personale e attenta del repertorio. Pur mantenendo al centro dei suoi interessi il grande repertorio classico e romantico, è entusiasta sostenitore e divulgatore di opere di compositori come Szymanowski, Medtner, o Miłosz Magin. Si dedica anche alla composizione: ha già composto più di 20 opere per pianoforte solo e musica da camera come il concertino “Orpheo di camera” per pianoforte, percussioni e orchestra d’archi, eseguito in prima mondiale da Kremerata Baltica e un Trio per pianoforte composto grazie alla Fondazione Louis Vuitton a Parigi. La Kremerata Baltica, di cui è Artista Permanente, gli ha commissionato un’opera da camera.
SONY Classical ha pubblicato 5 suoi album, con musiche di Scarlatti, Bach, Beethoven, Schubert, Chopin, Liszt, Ravel, Medtner e Szymanowski. Il monumentale tributo discografico in 4 CD a Scarlatti (2019), è stato recensito dal New York Times e selezionato da NPR tra “i dieci album che accompagneranno il nuovo decennio”. Ad agosto 2021, SONY ha pubblicato un nuovo album interamente dedicato al compositore polacco Miłosz Magin, registrato insieme alla Kremerata Baltica e Gidon Kremer. L’impressione travolgente lasciata da Lucas al Concorso Ciaikovski è il soggetto del documentario To Music, diretto da Martin Mirabel e prodotto dalla Bel Air Media, presentato per la prima volta all’International Film Festival di Biarritz nel 2018.
Ė ospite di Serate Musicali – Milano dal 2017.
Sonata in la minore K.310 (1778)
La Sonata in la minore K.310, ultimata il 6 luglio 1778 a Parigi, tre giorni dopo la morte della madre Maria Anna, è insolitamente ampia nelle dimensioni. Il primo tempo è costruito su temi e motivi di straordinaria violenza, con sonorità cupe che alludono a presagi sinistri, sincopi quasi singhiozzanti, ritmi “muscolari” in perenne tensione.
Nella livida e nebbiosa tonalità di la minore, lascia un’impressione incancellabile il ritmo iniziale, martellante e puntato con cui la dominante sembra annunciare una catastrofe. Il secondo tempo è un’illusione di calma, ma tensioni ricorrenti turbano anche qui il clima, che nel terzo tempo si incupisce di nuovo, mentre la sonorità del pianoforte, estesa a dismisura da una scrittura arpeggiata in cui la melodia superiore emerge come per efflorescenza, ha l’energia della lava vulcanica.
Ballata n.2 in la minore op.38 (dedicata a Robert Schumann)
Negli anni Venti e Trenta del XIX secolo, il repertorio del pianista virtuoso era abbondante di composizioni, tipiche del gusto Biedermeier, brevi e di grande effetto, fra le quali non mancavano certo delle pagine rapsodiche che, in qualche modo, potevano prefigurare quella che sarebbe divenuta la tipologia della ballata strumentale romantica. Tuttavia, prima che Chopin si accingesse, nel 1831, alla stesura della Prima Ballata, il genere che portava questo nome aveva trovato espressione, in ambito musicale, solamente in composizioni liederistiche, o all’interno di opere liriche; in sostanza in pagine che prevedevano l’impiego della voce umana e dunque di un testo poetico; Chopin fu dunque il primo ad attribuire il nome di “Ballata” a un brano puramente strumentale. Ciò nonostante si pone ugualmente, per le quattro ballate del compositore polacco, il problema del rapporto con una fonte letteraria.
Già Schumann nel 1841 – nel periodo più intenso della sua attività di critico – affermava di aver appreso dallo stesso Chopin che questi «era stato ispirato per le sue ballate da alcune poesie di Adam Mickiewicz», il sommo poeta romantico polacco; da qui ebbe origine quella tradizione critica, viva ancora nel nostro secolo, che si sforzò di stabilire una correlazione fra alcune delle Ballate e Romanze di Mickiewicz (pubblicate nel 1822) e le Ballate di Chopin, attribuendo perfino i titoli di alcune delle opere poetiche alle composizioni musicali. Certo Chopin avrebbe rifiutato questi titoli (come fece in altre occasioni), ma è indiscutibile che egli fosse affascinato dal carattere nazionalistico e insieme epico delle opere del poeta polacco.
Il problema centrale della ballata pianistica, dunque, deve essere stato quello di attribuire un carattere narrativo a composizioni prive di un referente testuale, problema risolto da Chopin principalmente sul piano della forma. Le Quattro Ballate, infatti, hanno in comune, oltre all’adozione del metro fluido di 6/8 o 6/4, il contrasto fra due principali idee tematiche; esse si riallacciano così alla dialettica propria della forma-sonata dell’età classica; ma essendo prive quasi completamente di sviluppi tematici di tipo beethoveniano – reinterpretano l’opposizione bitematica in modo libero, assolutamente originale e specifico per ciascuna ballata.
Schumann preferiva la prima alla seconda ballata, di cui pure era dedicatario. Composta nel 1838, la Ballata op. 38 accentua la contrapposizione fra i due gruppi tematici; questi infatti sono affidati a tempi diversi: Andantino per l’iniziale motivo pastorale, Allegro con fuoco per la drammaticità della seconda idea; l’alternanza di questi due movimenti avviene secondo uno schema efficacissimo nella sua semplicità, che, con una audace peregrinazione, porta il brano a concludersi in una tonalità (la minore) diversa da quella d’impianto (fa maggiore).
FRYDERYK CHOPIN
Preludio in do diesis minore op.45
Pubblicata nel 1839, la raccolta dei Ventiquattro Preludi op.28 aveva segnato uno dei punti più avanzati sulla via del rinnovamento del linguaggio pianistico operato da Chopin. Si trattava di una serie in sé perfettamente compiuta, ma a essa Chopin dette un singolare seguito con il Preludio in do diesis minore pubblicato a parte nel 1841. Ricchissimo di modulazioni, il Preludio sfrutta diversi spunti tematici in un iridescente gioco di trasposizioni dall’una all’altra mano. Spunti che poi, prima della conclusione, si raccolgono in una serie di accordi di quattro suoni con i quali l’autore costruisce una squisita Cadenza (tutta in pianissimo e leggerissima) che è forse il tratto più nuovo della composizione e che sembra contenere, in nuce, il futuro pianismo di Debussy e di Skrjabin.
FRYDERYK CHOPIN
Polacca – Fantasia in la bemolle maggiore op.61
La Polacca-Fantasia op.61 è l’ultima Polacca di Chopin, composta nel 1845 e pubblicata l’anno seguente. In una lettera indirizzata alla famiglia nel dicembre 1845 Chopin scriveva: «Ora vorrei terminare una Sonata per violoncello, una Barcarola e qualche cosa ancora che non so come intitolare». Egli stesso si trovava dunque indeciso sul termine adatto per definire la sua composizione più audace, risolvendosi poi per un doppio titolo, quello appunto di Polacca-Fantasia, che giustificasse la particolare libertà della forma.
L’enunciazione del tema principale preparato dal caratteristico ritmo di fanfara, l’unico elemento che rimandi alle Polacche precedenti, è fatta precedere da una introduzione misteriosa dal carattere di doloroso recitativo. Nella Polacca-Fantasia sono isolabili tre figure melodiche dominanti, collegate da una fitta rete di relazioni: la prima in la bemolle maggiore (Allegro maestoso) incisiva e guerresca, la seconda in si maggiore (Poco più lento) cullante e dolcissima, la terza, interrotta da sette straordinarie misure di pura invenzione timbrica nel sovrapporsi di trilli e dalla ripresa dell’incipit dell’Introduzione, ha infine un tono malinconico e appassionato.
La pagina acquista così una possibile struttura tripartita con una prima parte marziale e imperiosa, una sezione centrale più lenta, quasi improvvisatoria e una terza che vede la ripresa variata da uno scalpitante ritmo puntato di ottave nella sinistra, fino a spengersi in un trillo del basso, con funzione di pedale conclusivo.
Concerto per pianoforte solo op.39 n.8 (1857)
Alkan è stato uno dei più grandi pianisti-compositori nella storia, con una voce originale quanto Chopin, di cui è stato amico e Liszt, che lo stimava.
Pianista ragguardevole dotato di tecnica eccezionale, compose quasi esclusivamente per il pianoforte brani di grandissima difficoltà e di sterminata lunghezza, come le 118 pagine del Concerto in programma. La sua musica non ebbe la meritata risonanza in quanto pubblicata in un’epoca in cui era destinata per lo più ad amatori e dilettanti, per i quali risultava troppo difficile.
Il Concerto per pianoforte solo è un’opera epica che richiede una tecnica straordinaria e una grande forza fisica. È concepito come una grande scala mozzafiato ricca sia di sonorità orchestrali che di lirici passaggi pianistici. É in tre movimenti. I tre brani fanno parte della raccolta dei 12 Studi in tutte le tonalità minori op.39, di cui costituiscono l’ottavo, il nono e il decimo Studio.
Il primo movimento del Concerto, Allegro assai, eseguito questa sera, ha inizio con un’indicazione di metronomo di 160 al quarto (è quasi un Presto), dura 72 pagine e con le sue 1324 battute, supera come lunghezza l’intera Sonata Hammerklavier di Beethoven.
Il Concerto, che possiede la medesima struttura tripartita della Sonata, è caratterizzato da un’elevata difficoltà tecnica: larghi arpeggi, rapide scalette, ottave, salti, tremoli, abbellimenti, gruppi irregolari di note da eseguirsi contemporaneamente a gruppi regolari, note ribattute, parti che necessitano di una grande indipendenza delle dita, incroci e scambi di mano.
Nella diciottesima pagina del primo movimento è presente una nota di Alkan stesso che permette di accorciare il pezzo di ben 40 pagine, per renderlo “un brano da concerto di durata ordinaria”.
L’estensione ricopre l’intera tastiera e tutti i movimenti sono caratterizzati da grandi varietà timbriche: infatti parti del Concerto cercano di imitare l’alternanza delle parti nell’orchestra (“tutti”-“solo”-“piano”) e i suoni di particolari strumenti (“quasi trombe, violoncelli, Ribeca”).
La prima esecuzione intera è stata eseguita da Egon Petri nel 1939.
C’è chi ritiene che il Concerto rappresenti l’opera per pianoforte più crudele e faticosa prima del periodo di Ferruccio Busoni.