con il patrocinio di Martha Argerich, Cristina Muti e Fedele Confalonieri
«Concerto per la pace»
“IL LIED DELLA VITA CELESTE”
ProgrammaDelirious Charter (prima esecuzione assoluta)
Due canzoni e un intermezzo per soprano e orchestra da camera
su testi di Emily Dickinson
Il Fantasma
Intermezzo
Il sigillo
Sinfonia n.4 in Sol maggiore
Versione per orchestra da camera e voce di Erwin Stein (1885-1958)
Bedächtig, nichteilen, recht gemächlich
Im gemächlicher Bewegung
Ruhevoll
Sehr behaglich “Das himmlische Leben”
(da “Des Knaben Wunderhorn” di C. Brentano e A. von Arnim)
DAS HIMMLISCHE LEBEN (La Vita Celestiale)
Noi godiamo le gioie celesti,
quel che giù in terra è gioia, ci è molesto;
di nessun mondano frastuono
s’ode qui in cielo il suono.
Tutto vive in pace dolcissima.
La nostra è una vita d’angeli,
e siamo in tutto felici,
danziamo e saltiamo,
balziamo e cantiamo:
San Pietro nel cielo ci guarda fisso.
Giovanni lascia l’agnello in libertà,
Erode il beccaio all’erta sta:
noi portiamo un paziente,
un innocente, un paziente,
un caro agnellino alla morte.
San Luca manda al mattatoio il bue,
senza pensarci troppo, senza scrupoli.
Il vino non costa un quattrino
nella celeste cantina;
gli angeli hanno messo il pane in forno.
Erbe buone e verdure d’ogni genere
crescono qui nel celeste giardino,
buoni asparagi, buoni fagiolini,
e tutto quello che più ci va a genio.
Pieni e pronti, ecco, son tutti i vassoi.
Ottime mele e pere, uve rare,
e gli ortolani, qui, lasciano fare.
E caprioli, e lepri, chi li vuole?
Dal mezzo della strada, le bestiole
corron dentro in cucina qui da noi.
E se un giorno di magro poi verrà,
tutti i pesci, con gioia, a galla nuoteranno!
Già là San Pietro pesca
con la rete e con l’esca
nel vivaio celeste:
Santa Marta sia la cuoca, presto!
Nessuna musica giù in terra suona,
che stia qui con la nostra a paragone.
Undicimila vergini preclare
si fan coraggio ed osano danzare.
Anche Sant’Orsola ride, a quei gesti.
Cecilia con i suoi parenti
sono musici di corte eccellenti.
Le voci angeliche
scuotono i sensi,
perché tutto alla gioia si desti!
SOCIETÀ FILARMONICA RAUDENSE “GIULIO RUSCONI”
La Società Filarmonica Raudense “Giulio Rusconi” rivive quella compagnia viennese di musicisti e amici, allievi e sodali, che, fra il 1918 e il 1921, raccolta attorno ad Arnold Schoenberg, si dedicò a esecuzioni musicali private di capolavori sinfonici per grande orchestra, distillati in ensemble preziosi e rarefatti, puri di una purezza rara, a sublimare originali di superba e infinita grandezza. Nell’autunno del 2022 è uscito il CD live della Sinfonia n.4 di Gustav Mahler nella versione cameristica di Erwin Stein, nel catalogo Da Vinci Classics.
Violino I
Piercarlo Sacco
Violino II
Massimiliano Re
Viola
Giovanni Mirolli
Violoncello
Alexander Ziumbrovsky
Contrabbasso
Massimo Clavenna
Flauto
Gianni Biocotino
Oboe
Alberto Melgrati
Clarinetto
Luigi Magistrelli
Fisarmonica
Patrizio Castelli
Pianoforte
Luca Schieppati
Percussioni
Marco Scazzetta
Fabio Nicoli
DARIO GAREGNANI
Direttore d’orchestra, specialista del repertorio del ‘900 e contemporaneo, è stato uno dei finalisti nel 2010 per la carica di Chef Assistent per l’Ensemble Intercontemporain di Parigi, allora guidato da Pierre Boulez. Ha debuttato alla guida dell’Orchestra Sinfonica del Teatro alla Fenice di Venezia lo stesso anno per l’evento inaugurale della Biennale Musica, ritornando sul podio della stessa orchestra l’anno successivo in un programma dedicato a Nono e Stravinskij.
Ha al suo attivo, dal 2004, decine di prime esecuzioni assolute per ogni organico, sia nel repertorio sinfonico che in quello del nuovo teatro musicale. Alla guida di numerosissimi ensemble ed orchestre – tra cui l’Orchestra della Fenice, l’Orchestra di Padova e del Veneto, l’Orchestra Verdi di Milano, il Divertimento Ensemble, l’Orchestra Filarmonica dell’Opera Italiana, l’Orchestra Cantelli e molte altre – si è esibito in festival di tutto il mondo, tra cui Festival MiTo, Warsaw Autumn Festival, Festival Aperto di Reggio Emilia, Milano Musica, Ars Electronica Linz, Accademia Filarmonica Romana, LAC Lugano, Long Lake Festival, Armunia Festival e Fadjr International Festival di Tehran. Assistente di Mauricio Kagel alla Biennale di Venezia e al Teatro Colon di Buone Aires, ha diretto la prima esecuzione italiana di Mare Nostrum, di cui ha curato la anche la parte registica al Comunale di Bologna, ed una ripresa di Variété al Teatro Parenti di Milano e a Roma, registrata per Radio Rai.
Laureato cum laude in Musicologia alla Statale di Milano, da sempre appassionato di teatro musicale, si divide tra produzioni operistiche, soprattutto novecentesche e la sperimentazione più attuale come direttore musicale del progetto Secret Theather Ensemble, considerato uno dei gruppi di lavoro più innovativi nel campo della sperimentazione e della ricerca musicale, attivo in festival di musica contemporanea in tutta Europa. Insegnante di clarinetto, saxofono e discipline teoriche all’Istituto Rusconi, ha già curato come direttore musicale diverse stagioni di Liederchanto.
BEATRICE BINDA
Soprano, si diploma in canto nel 2009 presso il Conservatorio di Como. Negli anni accademici 2008/2009 e 2011/2012 viene selezionata dall’Accademia del Teatro alla Scala di Milano; in questo periodo si è esibita nei maggiori Teatri europei, quali il Teatro alla Scala di Milano, il Theatre du Capitole di Toulouse, la Salle Pleyel di Parigi, la Sala Verdi del Conservatorio di Milano e il Palazzo delle Arti di Budapest, lavorando con direttori quali Daniele Rustioni, Antonello Manacorda, Bruno Casoni, Daniel Oren, Tugan Sockiev, Enrique Mazzola, Alfonso Caiani, Steven Mercurio, David Garforth, Christoph Eschenbach.
Nel 2013 viene selezionata per la frequenza dei corsi estivi presso il Mozarteum di Salisburgo, dove completa la sua formazione sotto la guida di Janet Perry. Approfondisce inoltre il repertorio barocco studiando con il soprano inglese Emma Kirkby presso il Festival “Federico Cesi” di Bevagna. Nel 2017 ottiene una borsa di studio da Ulysses Network (progetto della Comunità Europea) per frequentare il Call for young performers di Divertimento Ensemble, sotto la guida di Alda Caiello, a cui fa seguito la selezione anche per l’anno 2018. Nel 2015 si esibisce nel ruolo di Clorinda ne “Il combattimento di Tancredi e Clorinda” di Claudio Monteverdi, insieme a Mirko Guadagnini e all’Ensemble Intende Voci per il Festival Liederiadi di Milano e il Festival Amfiteatrof di Levanto. Nel repertorio contemporaneo si è distinta in qualità di solista per le prime assolute di Lucenti Aita – ritratto musicale in 10 stanze per voce, coro e orchestra – (2018) di Mario Garuti, eseguita presso il Teatro Bellini di Catania, e Lettres comme à l’envers (2018), per soprano, coro e ensemble di Gabriele Manca presso la Fabbrica del Vapore, Milano per la stagione Rondò 2018 di Divertimento Ensemble.
Si è inoltre esibita come solista per il Festival Urticanti 2017 (Teatro Kismet di Bari) e per la Settimana della Musica Contemporanea del Conservatorio di Novara con musiche di Marco Di Bari, e per il Festival Po estate (Lugano) con musiche di Gino Negri. Nel 2019 riscuote ampio successo con una rara esecuzione integrale dei Kafka-Fragmente op.24 per soprano e violino di Gyorgy Kurtàg, insieme al violinista Lorenzo Gorli presso il teatro Litta di Milano (Rondò 2019), che viene replicata nel settembre 2019 presso la Sinagoga di Casale Monferrato e successivamente in una tournée italiana sino al 2022.
CARLO GALANTE – Delirious Charter (prima esecuzione assoluta)
L’intonazione originalissima della poesia di Emily Dickinson, fascinosa, ellittica e sempre sorprendente, si evidenzia in questi due brevi testi, declinando i poli opposti del suo sentire poetico: la nostalgia della perdita ovvero “il ricordo d’alabastro” e il forsennato “editto” che proclama l’eterno amore. Entrambi i sentimenti, estremi, sembrano concentrarsi dentro le parole, quasi nascosti nella profondità del verso; è una poesia che si presenta sempre nel segno di una sintesi e concentrazione estrema. Questi segni peculiari, la sintesi e la concentrazione, mi attraggono particolarmente e mi inducono a immaginare una drammaturgia sonora precisa, come precisissima e quasi geometrica è la poesia della grande autrice americana, ma allo stesso tempo imprevedibile, sospesa e misteriosamente laconica. Un dialogo tra fantasmi è immaginato per la prima canzone e un incongruo banditore per la seconda; nel mezzo un intermezzo strumentale che compie un breve viaggio tra le contrastanti emozioni delle due canzoni ma all’inverso: dall’entusiasmo delirante alla sospensione onirica.
Carlo Galante
GUSTAV MAHLER – Sinfonia n.4 in Sol maggiore
Composta tra il 1899 e il 1901, la Quarta Sinfonia in Sol maggiore di Gustav Mahler è tra le opere del grande autore a più spiccato carattere ‘cameristico’. All’interno della vasta produzione sinfonica del compositore boemo, la Quarta Sinfonia si pone a chiusura di un periodo compositivo in cui, per dirla con Bruno Walter, primo grande esecutore ed esegeta dell’opera mahleriana, parola espressa e parola inespressa si sono completate. Andando a ritroso in quegli anni, la Terza e la Seconda Sinfonia avevano già previsto l’utilizzo, più o meno ampio, di materiali e organici vocali. Parallelamente alla Prima Sinfonia, nella quale era confluito il materiale di un Lied diventato strumentale, nella Quarta Mahler sceglie di utilizzare un lavoro del 1892, Das himmlische Leben, tratto dalla raccolta di Lieder Des Knaben Wunderhorn.
Il progetto compositivo della Sinfonia è strettamente legato alla genesi della Terza, che originariamente sarebbe dovuta essere una composizione in sette movimenti, sotto il titolo – spiccatamente mahleriano – di ‘ciò che un bambino mi dice’. Il Lied, attribuito alla voce di soprano, è stato infatti spesso assegnato a una voce bianca, per rendere in modo ancora più efficace il suono suggestivo e il racconto di una visione in cui mondo corporeo e astrazione visionaria convivono. È proprio la suggestione della comunicazione con il mondo quasi astratto dell’infanzia, molto spesso presente nel mondo liederistico di Mahler, a rappresentare una sorta di confine cronologico e stilistico all’interno della sua opera.
Il nodo teorico, concettuale e certamente pratico della programmaticità più o meno necessaria, è centrale nella comprensione della sua meccanica compositiva. Se, da sempre, Mahler si era posto continuamente in bilico tra la necessità di guidare l’ascoltatore nel suo viaggio interiore e la necessità di ‘ripulire’ il suo lavoro da ogni forma di didascalia – e quindi di testo – la Quarta rappresenta, come dicevamo, una linea di confine, prima di approdare a un’altra serie di lavori sinfonici in cui la voce e il testo non hanno più spazio e utilità. Un continuo gioco di intimità, rimandi, citazioni, contrappunti ed echi fa sì che questo lavoro così affascinante abbia stregato, solo un ventennio dopo la prima esecuzione, anche il grande Arnold Schönberg. Fu proprio quello che è considerato il padre della dodecafonia a proporre a un ristretto circolo di suoi allievi, colleghi e amici, un lavoro di trascrizione e riarrangiamento di questo capolavoro (originariamente per grande orchestra e voce) per un organico più piccolo.
La destinazione era una delle ‘esecuzioni private’ che si tennero per diversi anni proprio a casa Schönberg, con lo stesso autore impegnato nell’esecuzione. La Quarta, in particolare, finì nelle mani di Erwin Stein, allievo e amico del padrone di casa. Il risultato è, a cento anni di distanza, sorprendente. Non solo l’organico tutto sommato ristretto rispetto all’originale non tradisce nulla della partitura completa, rispettando ogni singola nota, ogni singola armonia e ogni singolo prezioso disegno strumentale, ma finisce per esaltare la trama contrappuntistica di una composizione cui molto spesso il grande organico (piccolo, relativamente, se consideriamo le dimensioni di una delle Sinfonie precedenti e successive) finisce per fare quasi torto. Il lavoro di Stein proietta su questo capolavoro una patina particolare, un velo sottile, personalissimo di una Vienna che in quei vent’anni molto era cambiata.
Come se potessimo leggere un grande classico, un grande capolavoro (e in quei pochi anni tanta musica passò sotto le mani dell’accolita schönberghiana…) attraverso una lente decolorante, in grado di rivestire l’eleganza della Vienna di Mahler con la sensibilità decadente dello stesso mondo vent’anni dopo. Il Lied ‘Das himmlische Leben’ che costituisce il quarto movimento della Sinfonia è un concentrato di liederismo, una linea melodica classica, elegante, pulita. É la trasfigurazione vocale di una visione della vita celeste, attraverso immagini di quotidianità rurale. Il risultato: poco meno di sessanta minuti di estrema difficoltà tecnica e grande intensità musicale, in grado ancora oggi di trasportare esecutori e pubblico non solo nella visione di Mahler, ma nel cuore essenziale della sua potenza compositiva.
Come se potessimo, a nostra volta, partecipare del nucleo essenziale di un lavoro immortale ricondotto a una essenzialità in grado, ogni volta, di lasciare senza fiato. Rimane, di fronte all’essenzialità di una strumentazione minima, la sensazione di estrema completezza della resa, di una essenzialità senza riduzione, di una trascrizione nella quale non c’è impoverimento del messaggio, c’è purificazione, elevazione e distillazione; esattamente come prescritto per il carattere della voce, è una rilettura ohne Parodie, di grandissima serietà, rispetto e impegno. Un caposaldo di un intero repertorio sinfonico che, per miracolo, senza perdere nemmeno una nota diventa altro; nostalgia, consapevolezza del passato, distanza, mancanza, insomma: Novecento.
Dario Garegnani